1 Il re cananeo di Arad, che abitava il Negheb, appena seppe che Israele veniva per la via di Atarìm, attaccò battaglia contro Israele e fece alcuni prigionieri. 2 Allora Israele fece un voto al Signore e disse: «Se tu mi consegni nelle mani questo popolo, le loro città saranno da me votate allo sterminio». 3 Il Signore ascoltò la voce d’Israele e gli consegnò nelle mani i Cananei; Israele votò allo sterminio i Cananei e le loro città e quel luogo fu chiamato Corma.
4 Gli Israeliti si mossero dal monte Or per la via del Mar Rosso, per aggirare il territorio di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio. 5 Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». 6 Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. 7Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. 8 Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». 9 Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

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Il significato reale e profondo dei primi tre versetti del nostro testo viene già proposto dalla stessa tradizione ebraica. Votare allo sterminio significa che tutto quello che viene vinto e conquistato, tutto viene dato al Signore. Niente rimane a Israele. Dio non è, come gli altri dèi, quello che ti fa vincere, e quindi, in qualche modo, ti arricchisce. Dio è quello che opera insieme con te, soccorrendo la tua debolezza, e per il quale tu combatti e vinci. Quello che sta al centro di tutto è sempre la relazione d’amore tra il Signore e il suo popolo, e quindi l’opera divina della salvezza e la gloria resa a Dio da chi tutto da Lui riceve. Nella sua purezza, ogni relazione d’amore è appagata in se stessa. Quando la relazione va in crisi, ci si volge ad altre conquiste.
E forse questo è intimamente connesso con quanto segue nel nostro brano, e a questa “crisi” di Israele. Apparentemente secondo quanto è avvenuto molte volte, ma in realtà più profondo. Siamo davanti ad una considerazione più globale che il popolo fa della sua vicenda con Dio. Notiamo che nella mormorazione ribelle di Israele Dio è direttamente implicato, insieme a Mosè. Il “non sopportò il viaggio” del ver.4 mette in crisi “tutto” il viaggio provocato e condotto da Dio. Ma il punto rivelatore della crisi è soprattutto il fatto del sostentamento: “..qui non c’è nè pane nè acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero”. Propriamente dunque il cibo e la bevanda non mancano, come sappiamo. Ma questo cibo, la manna, è “leggero”, come a dire “vuoto”.
E’ su questo che viene richiamata la nostra attenzione. La mia proposta di spiegazione è che la strada stessa della fede venga contestata, per la sua assoluta povertà che esige una straordinaria piccolezza! Tutto viene da Dio, tutto ritorna a Lui. Mi sembra oggi molto preziosa l’immagine di un bambino che spesso Gesù mette in mezzo ai suoi per dire che bisogna essere come bambini per entrare nel Regno, e che come bambini bisogna accogliere questo Regno. Appunto perchè relazione d’amore tra Dio e la piccola umanità è la grande vicenda dell’Amore dove tutto riceviamo da Lui. Anche le nostre “imprese” sono opera sua! Dove la nostra stessa fede-fedeltà a Lui è suo dono! Quella nausea è quindi l’esperienza insopportabile di un “nulla” rispetto alle nostre tensioni di conquista, di possesso, di vittoria, di vanto… E’ il vanto del fariseo della parabola, più bravo di tutti e quindi anche del pubblicano. E’ esperienza di tutti, e lo è tanto più quanto più il Signore ha fatto percorrere la strada della fede e della comunione d’amore con Lui.
Anche la punizione inflitta da Dio con i serpenti, e il “rimedio” da Lui proposto è cosa piccola, in fondo, e quasi una “fiaba” per piccoli: “…lo guarderà, resterà in vita”. Gesù stesso in Giovanni 3 svela il pieno significato di quell’antica vicenda, e nelle sue parole sostituirà al “guardare” il “credere”. Credere come volgere lo sguardo a Lui e al suo Mistero d’Amore fino alla Croce di Gesù. Una punizione che è insieme soccorso divino, e che si compirà con il piegarsi di Dio verso la sua piccola creatura amata, sino alla Croce!
Riceverei volentieri le vostre obiezioni-illuminazioni sul mio tentativo di commento!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.