20Il resto d’Israele, dei sacerdoti e dei leviti si stabilì in tutte le città di Giuda, ognuno nella sua eredità.
21Gli oblati si stabilirono sull’Ofel, con Sica e Ghispa alla testa degli oblati. 22Il prefetto dei leviti a Gerusalemme era Uzzì, figlio di Banì, figlio di Casabia, figlio di Mattania, figlio di Mica, dei figli di Asaf, i cantori per il servizio del tempio di Dio; 23vi era infatti una disposizione del re a loro riguardo e un ordine per i cantori, prescrizione per ogni giorno.
24Petachia, figlio di Mesezabèl, dei figli di Zerach, figlio di Giuda, suppliva il re per tutti gli affari del popolo.
25Nei villaggi delle campagne, alcuni figli di Giuda si stabilirono a Kiriat-Arbà e nelle sue dipendenze, a Dibon e nelle sue dipendenze, a Iekabseèl e nei suoi villaggi, 26a Iesua, a Moladà, a Bet-Pelet, 27a Casar-Sual, a Bersabea e nelle sue dipendenze, 28a Siklag, a Meconà e nelle sue dipendenze, 29a En-Rimmon, a Sorea, a Iarmut, 30a Zanòach, ad Adullàm e nei loro villaggi, a Lachis e nelle sue campagne, ad Azekà e nelle sue dipendenze. Si insediarono da Bersabea fino alla valle di Innòm.
31I figli di Beniamino si stabilirono a Gheba, Micmas, Aià, Betel e sue dipendenze, 32ad Anatòt, Nob, Anania, 33Asor, Rama, Ghittàim, 34Adid, Seboìm, Neballat, 35Lod e Ono, nella valle degli Artigiani.
36Dei leviti parte si stabilì con Giuda, parte con Beniamino.
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La parola che riceviamo oggi dalla bontà di Dio può forse suggerirci pensieri preziosi e di grande attualità per la comunità cristiana di oggi. Mi riferisco a questo “resto di Israele, dei sacerdoti e dei leviti che si stabilì in tutte le città di Giuda, ognuno nella sua eredità”. Sarebbe stato istintivo pensare che queste persone e queste famiglie, a motivo del loro ministero di sacerdoti e di leviti, a motivo del loro ministero del Tempio, avrebbero tutte dovute risiedere in Gerusalemme. Noi invece abbiamo conferma anche dalle memorie evangeliche che una famiglia sacerdotale come quella dei genitori di Giovanni Battista abitava in una “regione una montuosa. In una città di Giuda”(Luca 1,39).
Questo mi ha portato a pensare ancora una volta con stupore al fenomeno straordinario della “diaspora” ebraica, che ha portato i figli di Israele in paesi e culture molto diversi da quelli della loro terra, paesi e culture in cui si sono pienamente inseriti, mantenendo tuttavia la tradizione di fede dei loro padri, e portando quindi la Pasqua in territori, linguaggi e costumi molteplici e diversi. Ma senza assimilarsi ad altre religiosità e custodendo la fede e la preghiera del loro Signore.
Mi ha fatto pensare a come anche noi discepoli di Gesù dovremmo con più forza e saggezza scoprire tutta la ricchezza e la fecondità del nostro battesimo e della nostra preghiera nella “diaspora” della nostra vita quotidiana. Quanto dunque sia prezioso che anche in un palazzone di periferia ci sia una casa dove si recita il Padre Nostro. E in un’assemblea del tutto laica ci sia qualcuno che, magari con “linguaggi” del tutto “laici”, possa rendere presente qualche perla della fede di Gesù. E’ bella la nostra Pasqua che fra poco celebreremo nelle nostre chiese. Ma quanto è bello sperare che anche le nostre semplici case siano “chiese”, luoghi dove pure in qualche modo si celebri la fede, la carità, la speranza e la preghiera di Gesù.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
E’ bello questo stabilirsi, insediarsi “in tutte le città di Giuda, ognuno nella sua eredità”. Si stabilirono nei villaggi e nelle loro dipendenze, nei paesi e nelle campagne circostanti… Ci fa proprio pensare a quella che è la nostra “eredità”, il luogo dove la vita ci ha portati e le relazioni che vi abbiamo intessuto: a volte poche, a causa di timidezza, di egoismo, di scarsa attenzione verso il destino degli altri… Ancora una volta, notiamo l’importanza attribuita ad ogni funzione, ad ogni “servizio”: oblati, leviti, cantori… – All’esempio dato da don Giovanni (i genitori di Giovanni Battista), mi piace aggiungere il sacerdote della parabola del samaritano: la sua residenza doveva essere a Gerico e da lì egli si recava a Gerusalemme per il proprio turno nella liturgia del tempio.