27 Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. 28 Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
29 Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. 30 E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.
31 Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. 32 Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
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Già ieri ci era chiaro, a proposito del comandamento di “non uccidere”, che la radicalità del comandamento e della sua interpretazione cristiana è intimamente connessa con il tema assolutamente privilegiato della comunione d’amore, della relazione d’amore come cuore del rapporto tra Dio e l’umanità, tra ogni persona e chi ne è il prossimo e comunque a ogni umana creatura, fino a svelare, in Gesù, la realtà profonda di Dio stesso, eterna comunione d’amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Perciò il “non uccidere” di ieri è strettamente connesso con il comandamento dell’amore nuziale che ci viene annunciato nella Parola che oggi il Signore ci regala.
Ecco allora come Gesù radicalizza il comandamento “Non commetterai adulterio”(ver.27). “Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore”(ver.28). Qui è da considerare con attenzione il verbo reso in italiano con “desiderarla”, un verbo molto forte che spinge il desiderio verso il possesso, l’uso, fin quasi alla soppressione dell’oggetto desiderato. Non sempre tale è il significato del verbo, ma certo molto frequente come è qui nel nostro brano. Ma non è questa la comunione d’amore, di cui anche ieri ascoltavamo e che si pone come dono di sé all’altro e per l’altro! E perché Gesù dice che l’uomo che desidera in questo modo una donna, “ha già commnesso adulterio con lei nel suo cuore”(ver.28)? Innanzi tutto perché ogni persona è legata in modo privilegiato e sommo a Dio stesso. Ogni persona “è di Dio”, non è tua, tu non ne puoi disporre. Anche nel legame matrimoniale, esperienza suprema di comunione, l’altra persona ti viene regalata da Dio. E da questo consegue che non posso impadronirmi di una persona che è di Dio, o di una persona che Dio ha donato non a me, ma ad un’altra persona! Nessuno può pretendere di essere possessore e arbitro della relazione.
Per questo la severa “auto-sanzione” di cui dicono i vers.29-30, anche se”simbolica”, non è meno radicale e netta. Drammatica è la nostra responsabilità quando ci facciamo signori e padroni di un’altra persona.
Nello stesso orizzonte, la comunione con la persona o le persone che Dio mi regala non soggiace al mio giudizio e al mio arbitrio. L’antica disposizione mosaica sul libello del ripudio (Deuteronomio 24,1) era economia di preparazione di quello che del mistero dell’Amore ci rivela Gesù, Sposo amante e fedele fino alla Croce. Ogni vincolo di comunione, di cui la comunione matrimoniale è livello supremo, non è consegnato al mio arbitrio. E così, di per sé, ripeto, questo si deve dire veramente di ogni vincolo di comunione. Per questo il termine dell’adulterio tende a dilatarsi su ogni relazione di comunione, che venga ingiustamente aggredita quando ce ne impossessiamo, sia per averla, sia per congedarla. Sono ben consapevole che quando questo diventa la rigidità di una disposizione, rischia di non guardare con misericordia alla povertà e alla fragilità dell’animo umano. Per questo credo che davanti a queste situazioni, si dovrebbe rispondere non con disposizioni punitive, ma al contrario, con la motiplicazione dei sentimenti e dei gesti della misericordia del Signore. Il ver.32 mette un’eccezione per i legami non collgati ad n gesto pieno, ma appunto atuati direttamente dalle persone, senza ilsgno di Dio.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Si possono leggere i versetti 29ss, che parlano dello scandalo, insieme a Mat 18:8-9 dove troviamo il comando di Gesù di non scandalizzare i piccoli che credono. Oggi ci dice del mio occhio e della mia mano che scandalizza non gli altri, ma me. E’ un avvertimento a stare attenti a custodire la fragilità del dono della parola, l’uomo interiore di cui parla s. Paolo, che è l’uomo nuovo che custodisce la legge, e gode della legge di Dio, contro quella legge che è nelle mie membra. E se è custodito questo uomo interiore che sa far morire le opere della carne per la presenza dello Spirito in lui, allora l’uomo può guardare la donna non per desiderarla ma per santificarla, con gli stessi occhi con cui Gesù guarda alla Chiesa, Dio a Maria.
S. Agostino riconduce tutti gli esempi del Signore sulla nuova legge alle parole introduttive a questo discorso della montagna: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”. “Non uccidere” significa anche non dare spazio all’ira, non offendere il fratello. “Non commettere adulterio” vale anche per lo sguardo degli occhi e il desiderio del cuore.
Il Signore comanda ai suoi discepoli di fare due azioni sulle membra che commettono scandalo: tagliare/estirpare, e gettare via. Ci siamo chiesti il motivo e il significato di questo “gettare via”. Ci sembra che il motivo sia la necessità di evitare di avere dei rimpianti, se non si getta via. E’ importante dimenticare ciò che abbiamo lasciato, e non desiderare che ciò sia ancora vitale per noi. Il popolo di Israele “tagliò ed estirpò” la sua condizione vecchia (di schiavitù, in Egitto) ma non la “gettò via”. e continuò per tutti gli anni del cammino nel deserto a ricordare con nostalgia i beni (illusori) dell’Egitto e a mormorare contro il suo Signore che lo conduceva verso la nuova terra della promessa.
Qui c’è qualcosa di simile, ricordare con desiderio le cose antiche, desiderare che ancora ci siano, in qualche modo è farle tornare vive nel nostro cuore.
Questo scandalo da tagliare – poi – che cosa è? E’ un inciampo, un impedimento, che non ci permette di raggiungere quella beatitudine che Gesù ha proclamato all’inizio del suo discorso. E anche sono ostacolo al nostro rapporto vero, d’amore, con i nostri fratelli. “Non commettere adulterio!”, “non uccidere”, ecc.: in Rom questi precetti sono tutti raccolti nell’unico precetto dell’amore.
Il fatto che questo comando di togliere da noi ciò che scandalizza sia oggi qui, così unito al precetto di non ripudiare la sposa ci è sembrato molto rilevante. Gesù ci dice che il problema non è fuori di noi, che non si tratta di tagliare, di separare, magari di rimandare la moglie, non si tratta di togliere cose da altri, ma di togliere cose da noi. Il nostro contributo alle vicende del mondo e dei nostri fratelli (affinchè siano migliori) è guardare dentro di noi e togliere ciò che rovina la nostra vita e quella degli altri.
Le parole di Gesù sull’adulterio e il desiderio vogliono ricordarci il dono di Dio. Infatti la creazione della donna fu per dare all’uomo un aiuto che gli stesse di fronte. Il desiderio trasforma questo dono, questo aiuto, in un possesso. Questo non corrisponde al buon progetto di Dio. E neppure il divorzio vi corrisponde: Gesù più avanti nel vangelo ricorderà che “l’uomo non può separare ciò che Dio ha unito!”.
In questo brano Gesù mette ordine nel caos che esisteva tra gli ebrei nell’applicazione di questo comandamento e l’evangelista Matteo lo propone ai suoi cristiani provenienti dal giudaismo: Non commettere adulterio!
Caos dovuto al cattivo uso sia legale che personale di questa norma. Gesù si riferisce all’unità familiare nel matrimonio minacciata non soltanto dall’adulterio ma anche dagli sguardi lussuriosi, sguardi verso la moglie o il marito del prossimo che cercano complicità.
Il desiderio della donna o uomo altrui era proibito dal nono comandamento.
Gesù va alla radice del male societario dell’adulterio e la novità delle sue parole consiste nel passaggio da un livello legale a quello più profondo dell’atteggiamento del cuore, l’amore.
Gesù prende posizioni in favore della donna, perché questa era spesso sfruttata talvolta oppressa nella società maschilista.
Per non tergiversare ricordo che stiamo parlando di adulterio: ci riferiamo all’atto personale di un uomo o di una donna.
La novità di cui Gesù sta parlando è diretta all’atteggiamento personale di ogni uomo e di ogni donna, atteggiamento giusto, onesto, rispettoso della donna o dell’uomo di altri, amante della persona, innamorato dell’amore di Dio per l’umanità: la beatitudine dei puri di cuori!
I due esempi dell’occhio destro… e della mano destra considerati come membra più importanti di quelle del lato sinistro non sono certamente da prendere alla lettera ma sono un consiglio di controllare la vista e il tatto per resistere alla tentazione.
Per il commento ai versetti 31-32 bisognerebbe leggere Esodo 24,1…:” Quando un uomo ha preso una donna a ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che ella non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualcosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni e la mandi via dalla casa”.
ABBIAMO sentito’ divorzio solo ed esclusivamente nella potestà del marito… Qui due scuole di interpretazioni:
– Scuola rigorista: obbligatorio il divorzio nel caso di una colpa grave della donna come per l’adulterio
– Scuola lassista: consentito per qualsiasi motivo, anche se la moglie avesse bruciata la minestra.
“Chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio”.
Il matrimonio è nullo in caso di unione illegittima, cioè quella dei matrimoni contratti tra consanguinei. Il comando di rilasciare alla donna ripudiata un atto di ripudio è enunciato nel Libro del Deuteronomio 24,1-3. L’atto di ripudio doveva garantire alla donna la certezza giuridica e tutelarla dall’accusa di adulterio nel caso si fosse risposata.
Negli altri casi Gesù avverte, richiama l’attenzione sulle conseguenze del ripudio: chiunque ripudia la propria moglie… la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
Non sto a soffermarmi sulla situazione del matrimoni nel mondo di oggi da tutti conosciuta, vorrei dire qualcosa, balbettare sul significato di questo brano che stiamo commentando. E’ ormai noto che Gesù in questi capitoli di Matto 5,6,7 sta completando quello che mancava nell’applicazione dei comandamenti, nella cattiva applicazione del suo popolo: le sue parole sono chiare, il suo messaggio ha la durata fino all’eternità dei beati.
A quale beatitudine possiamo addebitare il brano di oggi? Sicuramente alla sesta: “ Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”.
Nel secondo incontro sulle beatitudini si era detto:
“Essere puri di cuore è un’attitudine di sincerità e integrità nel rapporto con Dio e con il prossimo; il cuore, il centro della personalità, l’intimo della coscienza affondano le proprie radici nella vita religiosa. La purezza di cuore è trasparenza della bontà e della bellezza divine”.
Così l’unione di un uomo e una donna per la tutta la vita terrena ( saremo in cielo come angeli!) voluta da Dio è la manifestazione di questa purezza di cuore di quella beatitudine che ci farà comprendere oggi l’amore di Dio e domani vedere, contemplare Lui stesso così com’è.