7 Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? 8 Fate dunque un frutto degno della conversione, 9 e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. 10 Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. 11 Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 12 Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
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PRIMA PARTE
Sento in coscienza di dover ribadire la mia grande paura di rendervi un cattivo servizio! Tutto nel Vangelo di Gesù è così divinamente profondo e delicato, che ho molti motivi per dire che non sono certamente in grado di comunicare con umile determinazione la Parola del Signore. Forse assomiglio troppo a questi “molti farisei e sadducei”(ver.7) che Giovanni sembra aggredire non perchè guarda alla vita e alla coscienza di ciascuno di loro, ma – così sembra suggerire il nostro testo! – semplicemente per l’attributo di appartenenza che li qualifica. Che cosa chiede Giovanni con la sua predicazione e con il suo battesimo? Che nessuno abbia “titoli” oltre la semplice realtà del peccatore bisognoso di salvezza. E’ facilissimo – quasi inevitabile! – che s’insinui sempre qualche elemento di “garanzia” che dica un’appartenenza, un’esenzione, una condizione privilegiata che affermi, più o meno esplicitamente, un titolo e un vantaggio particolare.
L’ “ira imminente” di cui dice il ver.7 non è un’arrabbiatura nè, mi sembra, l’annuncio della condanna finale dei peccatori. L’ira divina è ancora dentro l’orizzonte della salvezza, come giudizio divino che scaturisce dalla Parola stessa, come luce che evidenzia e quindi giudica le tenebre delle coscienze e dei cuori. E’ proprio davanti alla manifestazione di quest’ “ira imminente” che bisogna fare “un frutto degno della conversione”! La parola dell’ultimo profeta ha il compito di suscitare questa “conversione” di cui abbiamo già parlato in precedenza e che, prima di essere un cambiamento di costumi, è uno sguardo, un volgere il capo, un “guardare” intenso e totalizzante verso Colui che solo può salvare, e di cui Giovanni prepara la venuta. Ecco allora il problema di farisei e sadducei: la loro condizione spirituale e sapienziale li induce a pensare che quello che Giovanni predica e offre nel deserto non sia il radicale nuovo orientamento verso ciò che deve compiersi, ma un ennesimo atto devoto da aggiungere ad una condizione che non pensa di aver bisogno di salvezza!
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SECONDA PARTE
Il ver.9 porta, a dimostrazione di questo, l’argomento dei figli di Abramo: “Abbiamo Abramo per padre”. Questo tipo di sicurezza tra l’altro contraddice radicalmente quello che caratterizza la persona di Abramo e ne fa il padre della fede. Abramo infatti è il segno della rinuncia ad ogni sicurezza e ad ogni pretesa di giustizia! Proprio per questa radicalità della fede di Abramo e del suo pieno abbandono alla signorìa e alla volontà di Dio, anche “da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo”. Mi permetto di dire che parlando di “queste pietre”, Giovanni può mostrare dei sassi, ma forse anche tutti quelli che, ben diversamente dai farisei e dai sadducei, sono venuti da Giovanni perchè convinti di essere solo dei peccatori bisognosi di salvezza.
I vers.10-12 sono l’annuncio dell’evento salvifico del giudizio divino. E’ un tema molto delicato! Inutile dirvi ancora una volta quello che molte volte vi ho detto: non fidatevi di me! Si tratta di cose troppo grandi e preziose che esigono una fede e un’umiltà interiore dalle quali sono ben lontano. Provo a dire. Non penso che il primo significato di immagini come “la scure” del ver.10 o “la pala” e la “paglia bruciata” del ver.12 indichino il giudizio finale di premio e di castigo, premio per i giusti e castigo per i peccatori. Il Vangelo esprime un “giudizio” che riguarda tutti! Non c’è nessuno che possa pensarsi non bisognoso di quella “scure” e di quel “fuoco” che vengono annunciati! Queste immagini infatti vogliono annunciare il giudizio salvifico del Signore, che in ogni vita e in ogni coscienza taglia e getta nel fuoco tutto quello che in ognuno di noi “non dà buon frutto” ed è inutile “paglia”. Il Vangelo è dunque questa “anticipazione” del giudizio divino che mette a morte la creatura e fa risorgere in noi il Verbo incarnato! Il Vangelo è sempre “morte e risurrezione” di chi lo accoglie! Per questo è assolutamente “Buona Notizia” portata a tutti. Il problema drammatico è solo di quelli o di quella parte di noi che non ritiene di averne bisogno! E’ a questo che si riferisce la severa ammonizione di Gesù quando ci dirà che Egli è venuto per i malati e non per i sani. Per i peccatori e non per coloro che si ritengono “giusti”(Mt.9,12-13).
In conclusione: Giovanni è venuto a portare la Parola e il Battesimo della conversione, e cioè di questo “sguardo” di attesa e di speranza verso Gesù, che – solo Lui! – con il fuoco del suo Spirito consumerà in ciascuno ciò che è cattivo e pericoloso, e farà sorgere e chiamerà a Sè il “buon frumento” della vita nuova che Egli solo ci può donare con il suo sacrificio d’amore.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Ascoltiamo oggi il rimprovero severo, ma pieno di speranza, che Giovanni rivolge ai Farisei e Sadducei che si accostano al suo battesimo. Infatti, davanti alla prospettiva che “ogni albero che non produce frutti buoni verrà tagliato e gettato nel fuoco” /(v. 10), Giovanni esorta anche loro a fare “dunque frutti degni di conversione” (v. 8). Queste parole sono di misericordia, perché suggeriscono che anche a loro è possibile fare buon frutto. E’ possibile venire salvati e non bruciati: il buon frutto è accettare il giudizio di Dio.
Il buon frutto, che deriva dalla Sapienza che viene dall’alto – ci ricorda Giacomo – è quello che ne porta le caratteristiche: “La sapienza che viene dall’alto invece è anzitutto pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia. Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace” (Giac 3:17-18). Rinunciare alla ipocrisia e alla ingiustizia, l’insidia più grave per i farisei e per i sadducei, e forse anche per noi.
Il Signore è paziente, e dà anche ai farisei e sadduccei, il tempo e il modo per pentirsi. Questo ci dice anche il brano di oggi dell’apocalisse, sulla pazienza verso la falsa profetessa Gezabele e i suoi adepti. E la scure posta alla radice degli alberi è simile alla parola di Dio che penetra nell’intimo dell’uomo e scruta i pensieri e i sentimenti del cuore, e li porta alla luce per la conversione. Chi agisce a titolo proprio e confidando in sé, non porta frutto; chi viene toccato dalla parola di Dio e opera guidato da essa, porta frutto.
Il “fuoco” citato tre volte oggi da Giovanni, e accostato insieme allo Spirito Santo come “strumento” del battesimo di Gesù vuole indicare la presenza del Dio geloso: “il Signore tuo Dio è fuoco divoratore, un Dio geloso” (Dt 4:24). E’ un Dio geloso, che non sopporta che il suo popolo si prostri a déi stranieri, che vuole che tutto il cuore del suo popolo sia rivolto a Lui, e per questo parla di circoncidere il loro cuore, e di porre la sua legge nei loro cuori.
I farisei e i sadduccei, in particolare, devono rinunciare a confidare nelle prerogative positive e nei meriti dei loro padri (“Non pensate di poter dire, Abbiamo Abramo per padre…”) e ricevere il battesimo di Giovanni, spogli di ogni presunzione, e consapevoli del bisogno di essere salvati; devono anche loro che sono i “giusti” ebrei farsi – in qualche modo – pagani, gentili, proseliti, e ricevere un cuore nuovo, lavato dal battesimo di Giovanni e pronto a essere purificato e salvato dal fuoco e dallo Spirito Santo del battesimo di Gesù. L’opera buona da fare sembra quindi essere la disponibilità a riconoscere con fede il bisogno di venire salvati e il bisogno di accogliere Gesù, il Dio che salva.
Giovanni quando dice “queste pietre”, probabilmente sta mostrando le pietre sparpagliate lì vicino a dove battezza, le pietre di cui è pieno il deserto di Giuda. Ma dire così, vuole fare anche memoria di quello che è sempre stato, anche per Abramo: Dio fa nascere figli ad Abramo da pietre. Sua moglie Sara era sterile e lui ormai vecchio: due pietre, incapaci di per sé di generare. E tutti quelli che sono suoi figli (come Isacco) sono in qualche modo generati cosi. Dio infatti ha scelto Israele non per la sua grandezza, o forza o bontà, ma perché lo amava. Questa è l’opera consueta di Dio: formare figli da pietre.
E tutti quelli che vanno da Giovanni per essere battezzati, confessano i loro peccati, confessano che sono pietre e sperano solo da Dio di portare frutto. Il frutto primo richiesto è questa confessione di essere pietre, di essere uguali a tutti gli altri. E poi questo frutto è anche desiderio e la prontezza a ricevere il dono di Dio, cioè Colui che viene dopo Giovanni: è la fede nel bisogno del Salvatore e della sua presenza in mezzo a noi in Gesù.
Carissimo Don Giovanni, mi è piaciuto molto il suo scrupolo all’inizio della prima parte del suo commento.Io non posso dare consigli a nessuno però le posso comunicare con vero piacere e ringraziamento che due erano le cose che mi avevano colpito (un po’ confusamente a dir la verità)in questo passo il fatto che il Battista se la prendesse tanto con i farisei ed i sadducei (siamo tutti peccatori!) e la espressione
minacciosa della scure (che del resto sento in sostaza di meritare in pieno).Ingenuamente
ma anche con un atto di superbia desideravo
chiarire a me stesso da solo i due quesiti
non sono (e ben mi stà) minimamente stato capace di vedere una soluzione sia pure approssimativa.Quando ho letto il suo commento ho capito per un attimo che cosa fa
lo Spirito Santo non solo indica la via ma indica anche le persone che ti possono accompagnare lungo questa via.Mi scusi tanto per le mie chiacchere , di nuovo la ringrazio di cuore (anche se il mio cuore è pieno di cattiveria irrucibile).
“Razza di vipere!”: conoscendo il pericolo mortale che la vipera può rappresentare, è come se Giovanni dicesse: “Assassini…”. Farisei e sadducei erano tali per il modo in cui presentavano Dio e per la priorità che davano alla legge e alla sua osservanza “a tutti i costi”. Ben altro sarà l’atteggiamento di Gesù…, che qui è presentato dal Battistia come “uno che è più forte di me”(v.11). “Più forte” nel senso che ha “più diritto” di incontrare e prendere la sposa e compiere l’unione nuziale tra Dio e i suoi. Il segno di questa unione sponsale sarà il nuovo battesimo: in Spirito Santo e fuoco. Le fiammelle di fuoco – ha detto don Giovanni nell’omelia – rappresentano questo “dividersi” dello Spirito per poter essere consegnato a ognuno… e Dio alloggia così nella nostra (seppur misera) tenda.