14 Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti 15 e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. 16 Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo.
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Il confronto tra il valore dell’olio che la donna ha versato sul capo di Gesù (300 denari, la paga di quasi un anno di lavoro di un salariato) e il prezzo per cui Giuda è disposto a tradire Gesù (30 monete d’argento) dice chiaramente come sia l’amore ad avere un prezzo più alto.
Giuda cerca il “momento più adatto” per consegnare Gesù. Come per Giovanni Battista imprigionato da erode si cercò l’occasione propizia per metterlo a morte. Ma il tempo della salvezza è nel piano del Padre.
Cosa muove Giuda a tradire Gesù? Forse l’avarizia e l’amore per il denaro. Poiché “l’ attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da se stessi tormentati con molti dolori” (1Tim 6:10).
Oppure è l’animo doppio, l’instabilità contro la quale Giacomo mette in guardia nella sua lettera (1:8), quella per la quale l’amico si trasforma in oppositore, come dice il salmo 54.
Dall’inizio del cap. 26 fino qui abbiamo incontrato come due liturgie opposte che si celebrano: da una parte, quella che è annunziata da Gesù: “tra due giorni è Pasqua e il Figlio dell’ uomo sarà consegnato per essere crocifisso”. In questa celebrazione Gesù vuole dare la vita per tutti noi. E d’altra parte la liturgia mortifera predisposta dai sommi sacerdoti, che si radunano per uccidere con inganno Gesù. Alla prima si unisce il gesto generoso di amore della donna, e alla seconda si unisce oggi Giuda, lasciando Gesù per andare dai sommi sacerdoti.
Queste due liturgie si uniranno sempre di più nei prossimi versetti, e si rivelerà che la prima ha la forza di inglobare anche l’altra, perché è all’origine nel piano di Dio e ne è pure il suo perfetto compimento.
Il nome di Gesù non è citato in questi vv. di oggi. Ma tutti capiscono e capiamo che si sta parlando di Lui: è Lui infatti il centro della storia e il suo compimento, è Lui che governa gli avvenimenti della sua Pasqua.
Così accostati il racconto del gesto della donna che offre a Gesù quello che ha di più prezioso, per amore, e del progetto di Giuda, che vuole consegnare Gesù, rinunciando alla amicizia con Lui, ci dicono insieme come sia importante l’attenzione diretta alla persona di Gesù. Se è vero che Gesù è presente nei poveri e nei bisognosi, come ci ha appena detto nel cap precedente, è anche vero che è irrinunciabile, e in certo modo prevalente, l’attenzione che il nostro cuore deve avere per Lui stesso, la sua persona e il suo vangelo, presenza luminosa in sommo grado di Dio tra gli uomini.
La donna e Giuda sono evidentemente posti dal vangelo in voluto contrasto. Da un lato lei intende donare tutto a Gesù, affidandosi a Lui. Dall’altro Giuda, vuole prendere per sé un guadagno in denaro, allontanandosi da Gesù. Ma soprattutto rivela la presunzione di volere sostituirsi a Dio e alla sua santa volontà, pensando di potere/dovere essere lui a trovare il “momento favorevole” per la consegna di Gesù, che invece è tutto nelle mani del Padre.
Quell’allora, con cui inizia il testo di ieri, al v. 14, mette in relazione il tradimento di Giuda con il gesto di amore di quella donna che a Betania, durante la cena, aveva unto il capo di Gesù: il Signore aveva difeso la donna dalle obiezioni dei discepoli e aveva promesso che insieme con il vangelo quel gesto sarebbe stato trasmesso a tutte le generazioni. Sembra quasi che il gesto opposto, di Giuda, che consegna Gesù ai sommi sacerdoti sia una reazione contraria all’amore manifestato dalla donna. Piuttosto, mi sembra che qui si dimostri che anche l’azione più oscura e malvagia è in qualche modo dipendente e interna al disegno di bene di Dio per tutti gli uomini. Lo stesso verbo consegnare, o tradire, ha come soggetto al v. 16 Giuda, ma al v. 2 e al v. 24 Dio stesso, nascosto dietro la forma verbale passiva; dunque è sempre Dio che consegna il suo Figlio per il sacrificio d’amore per la salvezza di tutti. La conclusione è che gli uomini, anche nel colmo della loro cattiveria, non possono fare nulla per contrastare il piano di salvezza di Dio per loro.