15 Allora i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16 Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17 Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». 18 Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19 Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20 Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». 21 Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». 22 A queste parole rimasero meravigliati, lo lasciarono e se ne andarono.

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Non mi piace la descrizione apparentemente positiva che al ver.16 i farisei e gli erodiani fanno di Gesù e a Gesù. In particolare mi indispone l’affermazione “non guardi in faccia a nessuno”, che la versione latina rende con “non respicis personam hominum”. Proprio parole come quelle che oggi riceviamo dalla bontà del Signore mostrano con quale profondità Egli guardi il mistero delle persone, di ogni persona, e di come ci inviti ad avere questo suo stesso sguardo! In questa prospettiva possiamo notare come Gesù in questa questione non entri in argomenti giuridici o politici. E come non si fermi a considerazioni puramente razionali. E’ proprio questo a custodire le sue parole in un orizzonte di mistero, di sospensione, che incessantemente ripropone il tema di Cesare e di Dio come da affrontare, senza che mai si possa dire che si è arrivati al cuore del problema.
Bisogna considerare con molta attenzione l’invito, a partire dall’immagine impressa nella moneta e all’iscrizione che l’accompagna. Non è poco quello che a partire da qui viene chiesto di “rendere” a Cesare. La severità dell’indicazione toglie di mezzo molte “obiezioni di coscienza”, molti “diritti”, che si presentano nella fisionomia della giustizia, ma che appartengono in realtà alla mondanità e alle sue sapienze della concupiscenza e del possesso. Credo importante che ci accorgiamo che niente è detto come “nostro”! E che niente abbiamo il diritto-dovere di tenere per noi. Tutto deve essere restituito! E mi chiedo se vada bene tenere ferma la sola alternativa “Dio-Cesare”, o ci siano altri riferimenti irrinunciabili! Propongo che almeno come tesi provvisoria teniamo ferma solo l’alternativa che ci viene proposta dal testo: tutto quello che non è di Cesare, è di Dio. Anche le relazioni più preziose, anche le verità più esigenti…!
Se ci teniamo in questa prospettiva, mi sembra ci appaiano chiare due prospettive: è moltissimo quello che a Cesare dobbiamo rendere. E’ infinitamente di più quello che dobbiamo rendere a Dio! L’immagine (l’ikona!) di Cesare assegna a quella moneta una potenza simbolica che i progressi culturali e sociali possono e potranno contenere e relativizzare, ma che tuttavia continueranno a chiedere quello che Paolo afferma nella Lettera ai Romani, e che ci è di così grande fastidio: “Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite. Infatti non c’è autorità se non da Dio: quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio……”(Rom.13,1-7). Percorrendo tutto questo testo vi troverete anche il tema delle tasse con il quale i farise tentano Gesù.
Tuttavia, se nella nostra poca fede e nella nostra povera preghiera di ogni giorno, soprattutto se torniamo frequentemente ai racconti evangelici della Passione di Gesù, e quindi anche al folle processo che Egli deve subire, vedremo quale sia la severità e la potenza di quel “restituire a Dio quello che è di Dio”! A partire dalla nostra stessa umile persona, che ormai, a motivo di Gesù, porta in sè l’immagine-ikona di Dio, per arrivare al più piccolo evento, al più semplice gesto, alla più piccola delle creature…Continuamente ci troviamo davanti e dentro a “quello che è di Dio”! Non mi sembra dunque che si possa arrivare ad una riposta valida una volta per sempre. O meglio, a partire da questo insegnamento sulla restituzione ognuno (e ogni comunità) viene consegnato alla sua coscienza cristiana in ogni vicenda. Come dicevo, la memoria della Pasqua di Gesù è la grande prospettiva, che mi piace oggi con voi chiamare “la via di Dio secondo verità”, come ascoltiamo al ver.16 sulle labbra di chi senza retta intenzione afferma la via retta che conduce a Dio e che Gesù percorre davanti a tutti noi.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.