53 Terminate queste parabole, Gesù partì di là. 54 Venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? 55 Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? 56 E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». 57 Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». 58 E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

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PRIMA PARTE
Il ver.53 caratterizza subito la Parola che oggi riceviamo per la nostra preghiera e per la nostra vita in Gesù, collegando l’episodio di Nazaret con il suo insegnamento delle parabole del regno (“terminate queste parabole..). E’ così nel testo di Matteo, diversamente dai paralleli di Marco 6,1-6 e di Luca 4,16-30 che ci è tuttavia molto utile ascoltare. E’ lecito supporre quindi che il Signore porti nella sua patria tutto quello che ha appena comunicato alle folle e ai discepoli: il gesto largo del seminatore, la sterilità di quasi tutti i terreni, il frutto copioso prodotto dai terreni accoglienti, la piccolezza “scandalosa” del seme, la zizzania, il tesoro del campo e la perla preziosa, il giudizio finale e la rete piena di pesci… Per dire dello stupore della gente, al ver.54, Matteo sceglie un verbo di significato ampio e ambiguo, che può essere volto verso l’ammirazione; o dire semplicemente lo stupore come sorpresa imprevedibile; o, come qui, essere orientato verso lo scandalo e quindi il rifiuto.
La domanda che la gente si pone riguarda la sapienza e i prodigi che Gesù manifesta e compie. Ma il “da dove” questi provengano si confronta in loro negativamente con quello che di lui a Nazaret tutti conoscono bene: la famiglia e tutti i suoi membri prossimi e lontani (le note delle bibbie si preoccupano di avvisarci che non si parla di fratelli e sorelle come noi intendiamo, ma di parenti più lontani), il lavoro del suo papà, la fisionomia nota della sua mamma, e quindi la conoscenza diretta, ordinaria e quotidiana che in un paesino sperduto tutti hanno l’uno dell’altro. Tutto questo porta la gente allo scandalo. Lo scandalo per il confronto tra quello che Gesù dice e fa, e quello che è! Appunto il figlio del falegname. Uno di loro.. nessuno di speciale. Ma chi crede o vuol far credere di essere? La meraviglia che emana dalla persona del loro compaesano si traduce nel rifiuto!
SEGUE
SECONDA PARTE
Noi cogliamo qui qualcosa che va ben oltre Nazaret e questo episodio, e cioè quel rifiuto di accettare che il mistero di Dio, la promessa profetica e l’attesa di tutta la storia del popolo che dovrà accogliere il Messia del Signore, tutto si riduca a questo ometto, che con le sue parole porterà allo scandalo anche il sommo sacerdote la sera prima della sua uccisione sulla croce (Matteo 26,59-67). E’ lo “scandalo” dell’Incarnazione e della Pasqua di Gesù! E’ lo scandalo cui tutte le generazioni cristiane sono esposte, per quel non scendere di Gesù dalla croce come prova per credergli! Come scandalo della Croce cui ogni esistenza cristiana è esplicitamente chiamata e coinvolta.
Mi sembra di aver colto che lo “scandalo” è sempre collegato alla “piccolezza”. E in due direzioni. Una, come nel nostro testo, è lo scandalo provocato dalla disomogeneità insopportabile tra la modestia evidente della persona e quello che la stessa persona dice e compie, e quindi quello che la persona “è”, nel mistero profondo che contiene e rivela. E questo riguarderà, a partire da Gesù, ogni persona che nella sua piccolezza manifesterà, testimonierà e annuncerà la vera grandezza di Dio, e cioè l’Amore fino alla Croce di Cristo. L’altro volto dello “scandalo” è la violenza, o il rifiuto, o lo scherno….esercitati nei confronti della “piccolezza” di Dio nella persona di Gesù, e quindi anche nella persona dei piccoli e dei poveri, nella mitezza dei giusti come nel corpo e nella mente degli innocenti. Piuttosto che scandalizzare uno di questi “piccoli” – e “piccoli” Gesù ama qualificare globalmente anche i suoi discepoli, cioè tutti coloro che lo stanno seguendo verso la Pasqua e verso la Casa dell’unico Padre – è meglio mettersi al collo una pietra e buttarsi in mare.
Gesù, al ver.57, coglie e annuncia in tutto ciò una nota comune a tutti coloro che Dio chiama e invia: i “profeti”. In loro Dio rivela Se stesso: nella piccolezza e nella povertà delle loro persone e della loro storia. Il ver.58 conclude l’episodio dicendo che Gesù, “a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi” nel suo paesello. Si può pensare ad una specie di sanzione. Il testo parallelo di Marco, con un’annotazione molto suggestiva, spiega che Gesù “lì compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni