1 E diceva loro: “In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti, che non morranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza”. 2 Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro 3 e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4 E apparve loro Elia con Mosè, che discorrevano con Gesù. 5 Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: “Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!”. 6 Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. 7 Poi si formò una nube che li avvolse nell’ombra e uscì una voce dalla nube: “Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!”. 8 E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro.
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Mi sembra che il modo più semplice e vero per ascoltare e celebrare queste parole sia quello di accoglierle come la grande conferma dell’annuncio della Passione di Gesù, e quindi particolarmente di Marco 8,31. Assunto come una grande “liturgia”, il nostro brano si presenta dunque come la “sosta” nel grande esodo verso Gerusalemme, per confermare e confortare i discepoli. Certo, se la trasfigurazione di Gesù la si intende come il vedere “il regno di Dio venire con potenza” del ver.1, bisogna tener fermo che è un equivoco quello in cui cade Pietro con la sua proposta di fare le tre tende come dimora da cui non staccarsi.
L’espressione “dopo sei giorni” del ver.2 non ha forse un significato particolare, se non quello di collegare il nostro testo a quelli che lo precedono. Come per i miracoli preziosi del sordo muto e del cieco, anche questo avvenimento si caratterizza per la sua riservatezza: solo tre discepoli, e il luogo appartato, “loro soli”.
Le vesti bianchissime vogliono esprimere la gloria divina, non realizzabile dalla storia umana. E dunque la persona divina del Figlio dell’uomo!
L’elemento profondo e singolare dell’episodio è che, essendo un prodigio della luce, e quindi della visibilità, esso è tutto teso ad evidenziare il primato della Parola e dell’ascolto. Così la presenza di Mosè e di Elia, simboli della Legge e della Profezia, cioè delle due grande presenze della Parola nel tempo della preparazione dei tempi messianici. E in questo senso mi sembra debba essere accolto il fatto che essi sono “parlanti insieme” con Gesù. Loro parlano, non Gesù. E Gesù è la Parola vivente con la quale essi parlano: è dunque perfetta l’armonia tra quella Parola detta nei tempi precedenti e la Parola ora presente in tutta la sua pienezza nella persona e nell’opera di Gesù.
Ecco allora l’equivoco di Pietro. Ma la sua proposta significherebbe che si è già arrivati. Invece si deve dare quella passione e morte del Figlio dell’uomo, che è il cuore del mistero. E questo equivoco viene attribuito alla non comprensione dei discepoli a motivo della loro paura. Paura di che? Del coinvolgimento che Gesù ha annunciato in Marco 8,34-37, e che ora viene confermato da quella nube che “li adombra”. Ma è proprio da quella nube che forse allude alla Passione, che esce la voce:”Questi è il mio Figlio prediletto; ascoltatelo!”(ver.7). E dunque, ancora, viene ribadito il cuore della fede come “ascolto”. E la Parola divina ascoltata da Gesù, solo, con loro. Anche Mosè ed Elia sono da ascoltare “in Gesù”, nella pienezza che Egli è venuto a donare. Per questo, “guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro”
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Marco sottolinea l’importanza per i discepoli di stare con Gesù; lo abbiamo vista già più di una volta nel suo vangelo. Oggi al v.8 leggiamo che “non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro”. Marco aggiunge – rispetto ai sinottici – “con loro”, sottolinea che sono insieme a Lui. Siamo insieme a Lui, e siamo coinvolti in quello che accade a Lui e nel suo mistero.
Il brano di oggi segue le parole di ieri con cui Gesù preannunciava un possibile rinnegamento da parte dei discepooli: “Chi si vergognerà di me e delle mie parole”. E’ possibile che l’annuncio non venga compreso (vedi Pietro l’altro ieri); oppure che non si resti fedeli a Dio, rinnegando Gesù. Oggi, trasfigurandosi davanti ad alcuni dei suoi discepoli, mostra che possiamo cambiare e ricominciare da capo ad ascoltare Gesù. Mosè ed Elia che appaiono in quel momento cosa vogliono dire? Che più forte della morte è la risurrezione e la vita; che sono vivi in Dio.
Al v.5 c’è ancora un intervento “isolato” di Pietro, sebbene il Signore lo avesse invitato ad “andare dietro a Lui”, ad ascoltare Lui piuttosto che dare consigli o prendere iniziative.E se qualche vv. fa Pietro si opponeva all’ipotesi che Gesù, riconosciuto giustamente come il Cristo di Dio, dovesse soffrire, essere rigettato dai capi e dal popolo, e morire; oggi Pietro sembra affascinato dall’ipotesi di poter rimanere a lungo su quel monte, nella pace della contemplazione della gloria del suo Gesù. Ma se non è Gesù a rimproverarlo – questa volta – è il Vangelo a notare come anche questo tentativo di trattenere anticipatamente la gloria sia inopportuno: “NOn sapeva infatti che cosa dire”, e ce ne dice la causa, che è la stessa di prima: “erano stati presi dallo spavento!”.
Come tutto questo sia il segnale di non potere sopportare la Passione di Gesù, pur standogli vicini, si può ricavare dal fatto che parole molto simili a quelle del v. 6 le ritroveremo al cap. 14, durante la preghiera di Gesù nell’orto: “Ritornò e li trovò addormentati, poichè i loro occhi si erano appesantiti; e non sapevano cosa dire” (14:40).