22 Giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo. 23 Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». 24 Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano». 25 Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. 26 E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».
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Alla fine del cap.7 ci era parso significativo i miracolo con il quale Gesù dona ad un sordo muto di poter ascoltare e parlare. Così qui sembra di grande valore questo dono della vista ad un cieco, dopo aver ascoltato delle fatiche degli stessi discepoli a “vedere” i segni della Persona e dell’opera di Gesù (Mc.8,14-21), insieme alla richiesta da parte dei farrisei di poter vedere un segno dal cielo (Mc.8,11-13). Siamo ormai vicini al riconoscimento della personalità profonda di Gesù di Nazaret, come ci diranno i testi successivi.
Come per il sordo muto di Mc.7,31-37, anche qui c’è questa nota ri riservatezza e quasi di segreto – “lo condusse fuori dal villaggio…non entrare nemmeno nel villaggio” – che forse vuole sottolineare il carattere personale e intimo del dono della Parola, della luce e della vita nuova.
Anche qui, al ver.23, si coglie una memoria dell’atto creativo, come una nuova creazione. Se avete tempo, vi aiuterà molto ascoltare Giovanni 9 per cogliere la grandezza dell’evento e il suo significato profondo.
Non sono in grado di cogliere chiaramente – anch’io ci vedo poco! – il significato della “progressione” del miracolo. Mi sembra si possa pensare al rapporto tra la prima “creazione” e la nuova creazione, alla vita nuova in Gesù. E’ un riacquistare la luce degli occhi come segno dell’inizio del tempo della salvezza, del tempo messianico.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Quanti particolari ricchi di significato, in questo brano! E quegli “alberi che camminano…!”. L’albero è un essere vivente, ma che non parla, non ascolta…: una figura di noi stessi, che davanti al Signore siamo ciechi e sordi. Osserva un commentatore che Gesù non spalma la saliva sugli occhi, ma sputa su di essi (questo sarebbe il verbo appropriato): un gesto quasi di forza, di violenza. La saliva era considerata – dice l’esegeta – “alito condensato” e significherebbe l’immissione dello Spirito. Il termine usato per indicare gli occhi, indicherebbe piuttosto la visione, quella interiore. Dunque, grazie allo Spirito, la “visione” può cambiare. E l’imposizione delle mani trasmette vita: Gesù comunica la sua energia vitale. E ne abbiamo proprio bisogno di Spirito e vita…