31 Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32 Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33 Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e , pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
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Mi sembra di cogliere una fisionomia particolare in questo miracolo del Signore. Non viene qui citata una condizione particolare di possesso demoniaco e di un assalto di malattia. Più che mai questa persona sembra invece simboleggiare la condizione propria di ogni uomo e donna della terra. Come se ci fosse una nota quasi di “naturalità” nell’essere sordi e muti. Anche questo esplicito chiedere a Gesù “di imporgli la mano” fa pensare più ad un gesto liturgico che ad un intervento miracoloso.
Ancor più questo si conferma nei gesti che Gesù compie sul sordo muto, ben più ampi e descrittivi dell’imposizione della mano che gli era stata chiesta. Una forte sottolineatura del carattere personale dell’evento: lontano dalla folla. Le dita negli orecchi e la saliva sulla lingua: gesti che sembrano evocare e accennare ad un nuovo atto creativo. Una nuova creazione. E infine lo sguardo di Gesù verso il cielo, e il suo gemito e la richiesta: apriti! Quasi un alludere ad un suo essere offerto perchè l’altro possa vivere in modo nuovo.
E’ chiaro che ci troviamo al cuore della fede ebraica e a quell’ “Ascolta Israele” che fonda la condizione particolare del popolo eletto. Poter ascoltare e poter comunicare la Parola è il cuore della fede di Israele! Il testo parallelo di Matteo 15,29-31 parla di molti malati, tra i quali anche i muti. Ma Marco sottolinea la condizione speciale di quest’ uomo sordo e muto, al quale vengono aperti gli orecchi, viene sciolto il nodo della lingua e parla correttamente, dove questa correttezza è termine che dice non solo una facoltà fisiologica, ma soprattutto che quello che l’uomo ora dice è giusto. E’ vero.
Il contrasto segnalato dai vers.36-37 mi sembra si possa risolvere attraverso la diversità tra un “dire” che è quello che Gesù proibisce, e che sarebbe il raccontare l’episodio, e il loro “proclamare”, un verbo tipico dell’annuncio evangelico, che infatti loro compiono non tanto con il raccontare quello che è capitato a quell’uomo, ma con il proclamare di Gesù quello che solo a Dio si può attribuire: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti”. Conferma ulteriore circa la portata “globale” dell’evento! Se Dio dona la facoltà di ascoltare e di parlare la Parola, allora veramente bisogna dire che Egli “ha fatto bene ogni cosa”. In Gesù si è dunque celebrato l’atto creativo di Dio!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Lectio 2008
http://lectioquotidiana.blogspot.com/2008/07/mc-731-37.html