26 Diceva: “Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; 27 dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. 28 Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. 29 Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura”.
Post correlati
3 Commenti
Lascia un commento
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
Le categorie
- Audio (965)
- Audio e Video (623)
- Dalla Chiesa e dal mondo (168)
- Giovanni scrive… (515)
- Giuseppe scrive… (2)
- Incontri e approfondimenti (444)
- La lectio quotidiana (4.571)
- Le nostre notizie (1.004)
- Letture domenicali e festività (818)
- Senza categoria (7)
- Video (149)
Telegram
Archivi
Gli ultimi articoli pubblicati
- Omelia di d. Francesco Scimè – SS. Trinità (Anno A) – 04 giugno 2023
- Matteo 6,24-34
- Matteo 6,19-23
- Matteo 6,7-18
- Omelia di d. Francesco Scimè – Visitazione della B. V. Maria – 31 maggio 2023
- Le Letture e i canti di domenica 4 giugno 2023 – SS. Trinità (Anno A)
- Matteo 6,1-6
- Matteo 5,38-48
- Omelia di d. Giuseppe Scimè – Pentecoste (Anno A) – 28 maggio 2023
- Visitazione della Beata Vergine Maria – 31 maggio 2023
Questa parabola del regno di Dio, che solo Marco tra gli evangelisti ricorda, ci porta un’immagine che potrete ritrovare in Giacomo 5,7, e, nel suo finale, soprattutto in Gioele 4,13, a descrivere la fine dei tempi.
E’ interessante che in questa immagine non ci sia un solo soggetto, un protagonista unico, ma piuttosto un concorso di partecipanti e di elementi, tutti coinvolti nel medesimo avvenimento: l’uomo che getta il seme, il seme stesso, la terra, e la falce per la mietitura.
Mi sembra molto affascinante l’espressione “..come, egli stesso non sa”, che invita anche noi ascoltatori a riconoscerci nella medesima situazione. E questo “non sapere” è una nota non di demerito, ma positiva, perché sottolinea con grande efficacia il fatto che nessuno ha in mano la guida e la riuscita di tutta la vicenda. Possiamo solo constatare con meraviglia lo svolgersi dell’intero processo, che si compie per una sua misteriosa potenza, e non per quello che noi possiamo pensare di fare.
E’ una delle poche occasioni – ma ricorderete il Salmo 126(127), dove si dice che il Signore “darà ai suoi amici nel sonno” – in cui il sonno e l’inconsapevolezza, al contrario di una colpa, sono il segno positivo di un abbandono fiducioso alla potenza di Dio.
Certamente, in tutto questo è contenuto anche un elemento molto delicato per quello che riguarda la sapienza del credente e della comunità cristiana. Infatti il ver. 27 insinua il pensiero che forse, malgrado la semente sia stata gettata, tutto prosegue senza conseguenze, e su tutto prevalga l’automatismo meccanico del tempo – “dorma o vegli, di notte o di giorno” – che suggerisce che di fatto nulla di nuovo accade sotto il sole. Ma, positivamente, viene suggerita soprattutto una sapienza del tempo che, nella consapevolezza che non saremo certo noi ad operare il compimento della salvezza, sa attendere con fiducia, e anzi, con vigilanza serena, l’avvenimento che si realizzerà senza bisogno del nostro impiego e del nostro impegno.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
La similitudine del seme che germoglia spontaneamente, che solo Marco riferisce, è ricca di collegamenti con molti altri brani del N.T. Si può riconoscere che il Signore parla di sè (Il “seminatore” è Gesù stesso, che semina la sua parola. Lui è anche il “chicco di grano che caduto in terra, muore e porta molto frutto”; e provvede anche alla mietitura, insieme ai suoi angeli); e parla contemporaneamente di noi uomini: (che insieme a S. Paolo possiamo dire: “Io ho piantato Apollo, ha irrigato, ma è Dio che fa crescere”; che siamo il “terreno” in cui il seme viene gettato; che possiamo sperare di essere, insieme a Gesù, come lui seme che cadendo in terra e morendo per amore, porta frutto; e infine che siamo mandati ad “alzare gli occhi e mietere le messi che davanti a noi già biondeggiano per il raccolto”.
E’ questa ultima similitudine che oggi ci ha affascinato di più: il Signore ci invita a guardare e vedere intorno a noi come sia ricco il raccolto che la sua opera d’amore ha preparato, e – come ai suoi apostoli là a Samaria – ci dice: “Vi ho mandato a raccogliere ciò per cui voi non avete faticato!”
Questa parabola ci mostra il nuovo regime dell’amore, che non fa calcoli; lo stesso seminatore “non sa”. L’amore è dato, diventa una relazione senza ulteriori calcoli. Ricorda la parola di Gesù: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”
“Anche se non vogliamo Dio matura”
Rainer Maria Rilke