21 Diceva loro: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? 22 Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. 23 Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!». 24 Diceva loro: «Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. 25 Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha». 26 Diceva: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; 27 dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28 Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; 29 e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
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Con alcuni “passaggi” molto forti ed efficaci, il nostro testo sviluppa il tema della grande “avventura” del Vangelo nella storia. Procedendo oltre l’immagine dei diversi terreni e del loro frutto, Gesù richiama oggi la nostra attenzione sulla responsabilità del discepolo di fronte al grande evento del Vangelo. Questo Vangelo del Signore – o forse si tratta addirittura del Signore del Vangelo? – è come “una lampada che viene”!(ver.21). Viene! E viene per essere messa sul candelabro, e non sotto il moggio o sotto il letto. Così la parte, la responsabilità del discepolo è quella di mettere la lampada sul candelabro. E’ una parte importante. Essenziale! E incalza il ver.22: il Vangelo è il segreto che deve essere manifestato. E’ il nascosto che deve essere messo in luce. Ancora siamo nella grande responsabilità del discepolo! Il mistero di Dio si consegna veramente all’umanità! E dunque: “Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!”(ver.23). Riprende qui l’esortazione che al ver.9 chiudeva la fondamentale parabola del seminatore.
Così i vers.24-25 acquistano in tal modo un significato proprio, diverso da quello di testi paralleli come Matteo 13,12 e Luca 8,18. Tutto dipende da come il discepolo-testimone ascolterà lui per primo la Parola evangelica. Più avrà ascoltato, più potente ed efficace sarà la sua testimonianza. Guai invece a chi non sarà stato appassionato e costante ascoltatore della Parola che gli è affidata.
I vers.26-29 ci comunicano una parabola che il solo Marco ricorda. Propongo una lettura del testo che vede in quell’ “uomo che getta il seme sul terreno” ancora il discepolo-testimone. Se vale questa ipotesi, non si tratta più del seminatore che seminava la Parola nella parabola inziale, perchè allora il Seminatore era il Signore stesso. Qui sembra essere invece il testimone che ha adempiuto il suo compito con la diligenza e la passione richieste dai versetti precedenti. Se ha svolto bene il suo compito, sarà lui per primo spettatore stupìto della potenza della Parola annunciata! Infatti non è propriamente lui, il testimone-annnunciatore, a compiere il prodigio della fecondità dell’annuncio evangelico. Lui può anche ormai dormire! Come avvenga il prodigio della Parola nel cuore degli uomini, “egli stesso non lo sa”(ver.27)! Il seme germoglia e cresce per forza sua. E anche per quello che il terreno “produce spontaneamente”: qui non ci sono più terreni di diverse qualità!
Dunque si può pensare che oggi la Parola voglia comunicarci contemporaneamente sia l’importanza e la responsabilità del discepolo-testimone, sia la potenza interna e propria del Vangelo del Signore, che non dipende dall’opera del testimone, che pure ha un ruolo irrinunciabile nella comunicazione del dono di Dio all’umanità. E’ bello e importante per noi gioire sia per l’importanza della testimonianza sia per l’umiltà che deve accompagnarla.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
http://lectioquotidiana.blogspot.com/2008/06/mc-421-25.html
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