13 E disse loro: «Non capite questa parabola, e come potrete comprendere tutte le parabole? 14 Il seminatore semina la Parola. 15 Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando l’ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. 16 Quelli seminati sul terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l’accolgono con gioia, 17 ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. 18 Altri sono quelli seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, 19 ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza frutto. 20 Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l’accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno».
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Mi fermo un momento sul ver.13 e su questa affermazione forte, che bisogna anche precisare. Non si tratta infatti di qualcosa di “difficile” che non si riesce a capire. Si tratta piuttosto di un altro orizzonte – di un altro mondo! – che umanamente non si conosce, non si può conoscere: la versione italiana rende con “comprendere” quello che nel testo è “conoscere”. Verifico sempre quanto sia arduo per noi accedere a questo orizzonte della rivelazione ebraico cristiana. E come sia facile, quasi inevitabile, scivolare in una riduzione moralistica. Questo vale molto anche per la Parola che oggi riceviamo dalla bontà del Signore. Bisogna resistere alla tentazione di una lettura puramente “etica” del testo.
Se ascoltiamo con attenzione queste parole, scopriamo innanzitutto che i diversi “terreni seminati” sono le persone nelle quali il seminatore “semina la Parola”(ver.14). Noi dunque, siamo terreni seminati. L’accento e quindi l’attenzione non deve porsi quindi sulla domanda o sull’impegno ad essere “terreno buono”. Ognuno è….il seme che è! Per questo è necesario che ci teniamo fedeli a quanto abbiamo ascoltato nei versetti precedenti al nostro testo, per tener fermo che “tutto è grazia”. Se devo constatare di essere ben descritto da quel “terreno-strada” di cui dice il ver.15, di questo devo prendere atto. Il rischio è quello di porsi sempre come i “protagonisti” del Vangelo. Il protagonista è il Signore del Vangelo e il Vangelo del Signore! La parabola del seminatore descrive la grande avventura del Vangelo. Non la mia avventura. O meglio, anche la mia avventura, per come sono coinvolto nella grande avventura di Dio.
Infatti, non si tratta di impegno ad essere bravi. E’ difficile poter dire che quando “viene Satana” è colpa mia. E lo è altrettanto per le affermazioni del ver.17 circa il non aver “radice in se stessi…”, o del ver.19 quando si dice che “sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni..”. Si tratta piuttosto di entrare nella conoscenza-sapienza del mistero di Dio. Ed è proprio questo ingresso nel mistero del Signore che consente forse una lettura più “comprensiva” del testo, fino a percepire che ognuno è forse un po’ tutti questi terreni. Per arrivare ad intuire con timore e tremore che per una minima frazione siamo forse anche quelli “seminati sul terreno buono..che ascoltano la Parola, l’accolgono e portano frutto”. Possiamo osare questa ipotesi? Credo di sì, se teniamo fermo il pensiero che ogni bene in noi è “ben di Dio”.
Non c’è il rischio in questo modo di “deresponsabilizzare” la nostra stessa vita? Se accogliamo e accettiamo fino in fondo tutte le parole del Signore, penso di no! Il mio impegno etico sta nell’accettare di essere quello che la Parola dice, senza mistificazioni. I guai infatti cominciano quando non accetto la realtà. Proviamo per questo a riprendere il testo arduo e angosciante di Genesi 4 e tutta la vicenda di Caino. Ne potremo trarre forse alcuni lumi preziosi. E forse anche la scoperta che accettando sinceramente per me quello che si dice di Caino, forse scopro di essere anche…Abele.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
http://lectioquotidiana.blogspot.com/2008/06/mc-413-20.html