6 Per la festa egli era solito rilasciare un carcerato a loro richiesta. 7 Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio. 8 La folla, accorsa, cominciò a chiedere ciò che sempre egli le concedeva. 9 Allora Pilato rispose loro: “Volete che vi rilasci il re dei Giudei?”. 10 Sapeva infatti che i sommi sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. 11 Ma i sommi sacerdoti sobillarono la folla perché egli rilasciasse loro piuttosto Barabba. 12 Pilato replicò: “Che farò dunque di quello che voi chiamate il re dei Giudei?”. 13 Ed essi di nuovo gridarono: “Crocifiggilo!”. 14 Ma Pilato diceva loro: “Che male ha fatto?”. Allora essi gridarono più forte: “Crocifiggilo!”. 15 E Pilato, volendo dar soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
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Avverto nel mio animo una domanda di carattere generale che riguarda tutto il brano che oggi ci è regalato dalla bontà di Dio. E la domanda è questa: nella descrizione del processo di Gesù è forse celata – e non celata – l’intenzione di mostrare l’impossibilità della “giustizia umana”? Si tratta quindi di un testo “ironico” nei confronti di tutta la pretesa giustizia – sempre ingiusta! – del potere, sia esso giudiziario, sia esso politico? E qui i due poteri sono talmente mescolati da disonorare forse fin troppo la grande fama del diritto romano. Si tratta quindi solo – ma forse è tutto! – della memoria dell’ingiusto processo a Gesù, o è il paradigma di ogni applicazione della giustizia mondana e della sua pretesa di punire il colpevole e di salvare l’innocente? Se vale questa ipotesi, e per oggi almeno la faremo valere, tutto quello che ascoltiamo da queste Parole assume un significato simbolico di enorme rilievo.
Così il ver.6, con la pericolosa abitudine del governatore, nel suo rapporto di potere con il popolo, di “rilasciare un carcerato a loro richiesta”. Questo è accentuato dal fatto che tale concessione avvenga “per la festa”: è la festa dell’antica liberazione del popolo dalla terra del male e della morte! Sarà questo l’esito di tale liberazione di un prigioniero?
Barabba è scopertamente un ribelle omicida. E una considerazione sulla sua vicenda già ci immerge nel significato profondo di quello che sta per accadere: la morte dell’Innocente è l’unica via di salvezza per il peccatore colpevole! Lo scambio drammatico tra Colui che forse lo stesso Pilato vorrebbe risparmiare, e il colpevole, è la salvezza di quest’ultimo.
Il ruolo della folla è chiaramente molto più debole di quello che appare. Certamente il suo “Crocifiggilo” dei vers.13-14 diventa molto efficace. Ma ci viene detto che questo avviene per l’azione sobillatrice dei capi:”..i sommi sacerdoti sobillarono la folla perchè rilasciasse loro Barabba”(ver.11). Rispetto alla folla è dunque infinitamente più grave la responsabilità di chi la travia. E la memoria evangelica tende ad attribuire a questi capi la massima responsabilità della morte dell’Innocente.
Ma se Pilato non è dunque il maggiore responsabile del misfatto, egli appare tuttavia come il segno e il paradigma di una giustizia umana inevitabilmente ingiusta. La farsa del potere, nel suo intreccio tra il despotismo e la radicale incapacità e debolezza di fare giustizia, non può che naufragare nel cinismo di una crudeltà assolutamente ingiustificabile. Per conservarsi, il potere deve accettare la sua debolezza di fronte alla realtà che ne giustifica l’esistenza! I termini che la versione italiana al ver.15 rende con l’espressione “dar soddisfazione alla folla”, denunciano drammaticamente l’ingiustizia che la giustizia mondana deve mettere in atto. Pilato deve “satis-facere” la folla (così suggerisce la versione latina del termine), deve cioè pagare alla folla tutto il suo tributo di ingiustizia e di violenza per potere continuare a spadroneggiare su di essa.
Ma, sopra a tutto, c’è la giustizia di Dio, qui presente nell'”assenza” del Grande Silenzioso. Il vero protagonista è Colui che nelle Parole che oggi celebriamo non sembra avere alcuna parte. Si può fare di Lui quello che si vuole. Ma in realtà, non solo si può e si vuole fare di Lui quello che si vuole, ma ben più drammaticamente, “si deve” fare quello che si vuole, perchè è lo scatenarsi contro di Lui dell’ingiustizia l’unica via per compiere la giustizia di Dio. La giustizia di Dio è l’Amore di Dio per questa povera umanità abissalmente corrotta, da Pilato all’ultimo della folla. Solo la condanna ingiusta del giusto è via di salvezza per l’umanità peccatrice.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
E’ un processo in cui predominano gli interessi e non la ricerca della verità e della giustizia. I vincitori sono i sacerdoti, che fanno leva sull’attesa messianica della folla. E’ Pasqua, la festa della liberazione dall’Egitto, la festa dell’esaltazione nazionale. Gesù rappresenta l’apertura universale alla grazia, l’vvento del regno di Dio oltre le piccole frontiere di Israele, l’incarnazione dei grandi valori di amore, pace, giustizia. Barabba rappresenta la ribellione, il tumulto, il sangue versato per la terra di Israele, per l’attesa rivincita del tempio, della legge. La scelta della folla è inevitabile. Nel processo vince la violenza distruttiva. Gesù, silenzioso, è l’unico veramente consapevole di ciò che sta accadendo. Prendere su di sé tutto il male, tutta l’ingiustizia, e donare la propria vita per amore, questa è la via per trasformare la storia dell’umanità.