22 Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. 23 Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24 E disse: “Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza versato per molti. 25 In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio”. 26 E dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
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Riflettiamo sul significato che assume per noi la preghiera di oggi per queste Parole che sono al cuore della celebrazione liturgica. Chi di noi talvolta è presente alla Liturgia – alcuni addirittura ogni giorno! – queste Parole le odono sempre – alcuni le pronunciano. Le conosciamo quasi tutti a memoria. Perchè fermarci oggi su di esse? Forse semplicemente per coerente fedeltà alla “Lectio continua” che oggi le percorre? Anche se mi sento inadeguato davanti a queste domande, credo dobbiamo provare a sostare e a riflettere, oltre ovviamente a pregare, cioè ad ascoltare queste Parole dalle labbra stesse del Signore Gesù, per farle scendere nel nostro cuore e nella nostra vita.
Possiamo dunque domandarci il perchè Gesù abbia voluto fissare in gesti e parole questo evento. O meglio, perchè abbia voluto assumere la grande festa ebraica della Pasqua, per farne il tempo e il luogo della pienezza che quella festa assume, rivela e dona attraverso la sua Persona. Forse ci stiamo domandando, in senso generale, il perchè della Liturgia. Tutto ciò avviene perchè la Persona, la vita, la morte, il sacrificio d’amore di Gesù possano dilatarsi infinitamente nello spazio e nel tempo, fino a quando anche lo spazio e il tempo si raccoglieranno definitivamente in Lui.
La Liturgia dunque non è solo una memoria, o se volete, “la” memoria dell’evento culminante dell’esistenza terrena di Gesù di Nazaret. La liturgia è il supremo dono divino che consente ad ogni generazione, in ogni angolo della terra, di essere “trasferita”, per la potenza dello Spirito nel luogo e nel tempo del sacrificio d’amore del Figlio di Dio. La sua Pasqua dunque può essere non solo ricordata e raccontata, ma anche “fatta”. Il fatto della morte-risurrezione di Gesù è evento unico, irripetibile. Ma la “liturgia” di tale evento, trattandosi dell’evento centrale di tutta la storia umana, può entrare in ogni luogo e tempo di tale storia. Tale è la grazia che scaturisce da queste Parole che oggi ci sono regalate per la nostra preghiera.
La liturgia della Pasqua ebraica viene assunta da Gesù, e portata a pienezza di svelamento e di potenza dal riferimento che tutto assume nella sua Persona: “…questo è il mio corpo…questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza versato per molti”. Dice “per molti”. Quindi, non “per tutti”? Assolutamente sì. I “molti” sono le moltitudini! Questa è l’intenzione profonda del Figlio di Dio: porre la sua vita per ogni uomo e donna della terra. E’ così, o forse è solo per coloro che accoglieranno tale dono? Per quello che riguarda Gesù, la sua intenzione come obbedienza al Padre, e cioè la potenza universale di quanto Egli compie, non ci possono essere dubbi: è sicuramente per tutti!
L’evento di salvezza universale che viene celebrato non è solo in riferimento a quello che Gesù ha compiuto in quei giorni. Esso è ugualmente teso verso il compimento finale – alla fine della storia – “nel regno di Dio”(ver.25). Il sacrificio d’amore che ci dà la vita attende la sua pienezza nella pace e nella gioia senza fine. Il Decimo prefazio domenicale del Messale dice che in quel giorno “l’umanità intera entrerà nel tuo riposo…”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Ieri abbiamo visto l’estensione del male, in particolare nel traditore. Oggi ci viene mostrato cosa il Signore oppone a questo male: la straordinaria grandezza della sua offerta d’amore. E così ci dice cosa bisogna fare davanti al male così grande: l’offerta libera d’amore. Gesù “prende, benedice e spezza” il pane, dopo queste tre parole importanti il Signore dice “Questo è il mio corpo”: Gesù offre ai suoi questo nuovo cibo di vita. E anche il sangue versato “per molti” dice che siamo redenti gratuitamente. E tutto questo ci invita al rendimento di grazie a Dio “per molti”: viene da chiedersi se l’uso in Mc di questa parola preferita da Gesù all’uso di “tutti” non sia proprio voluto, per sottolineare l’universalità della destinazione dell’efficacia del Suo sacrificio. Infatti in pochi versetti (dal 23 al 31) Marco usa per ben 4 volte la parola “tutti” con un significato evidentemente restrittivo, limitato ai Dodici (v. 23, 29, e 31 = “tutti loro”, v. 27 = “voi tutti”). Mentre dicendo al v. 24 “per molti” intende forse “molti più di voi soli, le moltitudini di tutti i tempi e di tutti i luoghi” ?