16 Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17 Gesù disse loro: “Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini”. 18 E subito, lasciate le reti, lo seguirono. 19 Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. 20 Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.
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Le parole di oggi ci aiutano a capire ciò che diceva Gesù nei vv. precedenti: “Il regno dei cieli è vicino”. Gesù va vicino agli uomini: è Lui stesso il regno di Dio che si avvicina. Poi diceva: “Pentitevi!” e oggi dice: “Venite dietro a me!” E Simone e Andrea lo seguono, e Giacomo e Giovanni lasciano le reti e la barca e lo seguono. La conversione che Gesù chiede, cioè cambiare i pensieri e gli orientamenti della vita, è “seguire Gesù”.Non dobbiamo cambiare tanto secondo le nostre idee, quanto “seguire Lui”.
Per due volte troviamo oggi la parola “subito” (particolarmente cara al vangelo di Marco). A dire che questo è il tempo della vicinanza del regno, da cogliere senza esitazione, perchè la salvezza, cioè l’amicizia con Dio, ci è donata nella persona di Gesù.
Anche le ultime parole del v. 15 “credete al Vangelo” hanno un riferimento al brano di oggi: questi fratelli hanno fede nella parola di Gesù, che li chiama a incominciare un viaggio dietro a Lui, che non sanno dove conduce.
E’ come per Abramo, che Dio chiamò ad andare. Abramo credette alla parola di Dio, senza sapere dove doveva andare. Qui i primi quattro apostoli sono chiamati alla stessa fede, a seguire Gesù nel Suo viaggio.
Il racconto di Marco della chiamata dei primi discepoli mette in evidenza due caratteristiche ben precise della destinazione e del significato che questa chiamata ha per loro (e anche per noi con loro). E’ una chiamata a “seguire Gesù”, non tanto e non subito alla realizzazione di un progetto o a un corretto comportamento morale, quanto una adesione alla persona di Gesù, una relazione personale con Lui, che Lui stesso favorisce e a cui invita. Inoltre è, da subito, una chiamata che ha una direzione verso tutti gli uomini: “Vi farò pescatori di uomini!”: quindi non una relazione con Gesù che isola dagli altri ma che pone ed esige fin dall’inizio una relazione con tutti gli uomini, senza esclusioni.
Si può anche notare che a questa cura e relazione con tutti gli uomini è Gesù stesso che rende pronti e adatti: “IO VI FARO’ pescatori di uomini…”.
Prestiamo attenzione a quel “vide” del ver.16 che sottolinea l’iniziativa del Signore, la condizione “ordinaria” di chi viene chiamato, e quindi il non bisogno di condizioni o atteggiamenti o disposizioni particolari, e quindi la grazia della chiamata, la sua assoluta gratuità. Chi è chiamato, è dunque “visto”; non è lui a vedere.
Diventare discepoli non sembra presentarsi come adesione ad una dottrina o ad un codice etico, ma come il seguire Gesù, l’andare dietro di Lui. Dispone quindi ad una “progressione” del discepolo che entra in una storia nuova, descritta come un cammino. Il ver.17 apre un interrogativo che da anni mi sto facendo: Che cosa significa diventare “pescatori di uomini”? Il rimando a Geremia 16,16 non è del tutto illuminante perchè là l’attenzione del testo è, in negativo, su coloro che vengono pescati, mentre qui l’attenzione è concentrata sulla condizione di chi pesca. La domanda che mi faccio è globale. Mettersi al seguito di Gesù vuol dunque dire anche questa trasformazione dei dati più ordinari della vita, come appunto il lavoro, al punto che ogni attività acquista un volto nuovo, e addirittura un riferimento all’umanità (“pescatori di uomini”) che il Figlio di Dio è venuto a salvare? Sono portato a pensare in questo senso. Penso dunque che in ogni caso “si lasciano le reti”, anche se uno continuasse a svolgere lo stesso lavoro, che tuttavia sarebbe radicalmente nuovo per il suo significato profondo. Se vale l’ipotesi, questo comporta che ogni attività sia ripensata e vista in riferimento al Signore Gesù e al bene che egli è venuto a portare all’umanità. Qualsiasi opera ha ormai riferimento privilegiato a Gesù e orientamento nuovo per il bene dell’umanità. Questo mi sembra non tolga nulla al carattere di laicità che ogni attività comporta, ma le assegna un “segreto”, una nuova direzione interiore, un fine che come tale comporta che anche il lavoro sia compiuto “con zelo religioso”.
Mi sembra invece fonte di equivoci inutili pensare in termini “eroici” il lasciare sia le cose (le reti), sia le persone (il padre). Si lascia per una nuova impensabile e affascinante prospettiva. Addirittura si può pensare ad un “suggerimento” ulteriore dato da quell’essere il padre Zebedeo sulla barca “con i garzoni”, definiti con un termine che in italiano porterebbe a chiamarli “salariati”, e che in Giovanni 10 diventano “mercenari”, in senso negativo, perchè essendo mercenari, non glه importa delle pecore e fuggono davanti al lupo.
Ricorderete che questa sera alle 21.30 ci troviamo alla Dozza per portare avanti il progetto della lettura di tutta la Bibbia in lettura continua senza sosta. Sono sicuro che chi non potrà venire, affettuosamente pregherà per noi.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Con il solito stile sobrio, telegrafico di Marco, ci vengono presentate due “chiamate”: sono quasi uguali, quasi a dirci che è una scena “ideale” nella quale ognuno di noi può ritrovarsi. – Colpisce che queste chiamate avvengano lontano da contesti religiosi: non presso il tempio o la sinagoga, non mentre le persone pregano o meditano…, bensì nella semplice realtà della vita quotidiana; anzi, realtà umili, modeste, come il riparare le reti, essere in barca… A che cosa sono chiamati? A seguirlo. E il verbo usato qui al v.18 suggerisce: ad “accompagnarlo”, ad essere suoi “accoliti”. Poi “a diventare pescatori di uomini”. Alle cose già dette aggiungo solo questo: togliere gli uomini dall’acqua dovrebbe significare salvarli, dar loro vita (al contrario di quanto si verifica per i pesci). Dunque, chi accompagna Gesù dovrebbe essere uno che “sta” nella vita e comunica vita, che aiuta a vivere in pienezza…
“Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini”. Pescatori di uomini. Cosa può voler dire? Portare alla luce,in ogni incontro, l’umanità nascosta dentro ciascuno, la domanda di bene, la speranza, il riflesso della luce di Dio che è in ognuno. Anche se sembra sepolta. oscurata dal dolore, dalla solitudine, dal peccato. Diventare pescatori di uomini può voler dire educarci all’autenticità dell’incontro. Far sì che ognuno che incontriamo diventi se stesso, il se stesso più autentico, più vero. E anche noi, nell’incontro, diventiamo più uomini, siamo pescatori di uomini e contemporaneamente siamo pescati. Dono del Dio che è relazione, comunione. Mi vengono a mente le parole di Etty Hillesum: “Mi piace avere contatto con le persone. Mi sembra che la mia intensa partecipazione porti alla luce la loro parte migliore e più profonda, le persone si aprono davanti a me, ognuna è come una storia, raccontatami dalla vita stessa. E i miei occhi incantati non hanno che da leggere.”
Il verbo seguire in italiano si ripete tre volte. In greco tutte le volte c’è un verbo diverso: “venite dietro a me” v.17; “lo seguirono” v.18; “se ne andarono dietro a lui”.
Mi è piaciuto moltissimo questo “dietro a lui”: è una persona, una parola, un amico, qualcuno che ci affascina e ci trascina, che ci incuriosisce e ci apre il cuore. Per Lui questi pescatori ascoltano l’invito, lasciano tutto e partono all’avventura… dietro a Lui!
“Seguire” vuol dire legarsi al Cristo nella sua passione.
Sequela – Dietrich Bonhoeffer