23 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. 24 Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
25 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. 26 Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!
27 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. 28 Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.
Matteo 23,23-28

Il termine “religione” che può avere un significato altamente positivo, lo uso per dire il pericolo di un sistema di regole e di riti privi di verità, di significato e di reale importanza. Allora la “religione” può diventare un sistema irreale e anche ingiusto. Un orizzonte di evasione e non di concreto impegno vitale. Un mondo inattuale pieno di ipocrisia e di vanità, dove viene cercata l’esteriorità e l’apparenza e non ciò che è veramente prezioso e necessario per il bene delle persone e delle comunità. Non sostanza ma apparenza.
Tento con queste povere parole di indicare la “riforma” che il Vangelo del Signore annuncia e dona alla nostra umile esistenza. Sentiamoci coinvolti nel rimprovero rivolto agli “scribi e farisei ipocriti”, e lasciamoci prendere per mano dal nostro caro Signore.
Il primo richiamo che oggi ci viene fatto denuncia il tradimento di ciò che è essenziale per la vita personale e comunitaria: “pagate la decima sulla menta, sull’anèto e sul cumino”, cioè curate con scrupolo elementi secondari, e “trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge” (ver.23). Ed è interessante cogliere come queste prescrizioni importanti non siano tanto delle norme cui obbedire, ma siano l’accoglienza dei dati supremi della vita nuova secondo Dio: “la giustizia, la misericordia e la fede (termine reso in italiano con “fedeltà”)”. Il rischio è quello di “filtrare il moscerino e ingoiare il cammello” (ver.24). E questo per dire che tutto deve essere curato, ma salvando sempre la proporzione tra quello che è essenziale e quello che è secondario.
La seconda osservazione riguarda la differenza tra “l’esterno” e “l’interno”. Il rischio è quello di essere portati a curarsi e a curare l’esteriorità trascurando l’interno e l’essenziale, spesso “pieno di avidità e d’intemperanza”. I vers.24-26 vogliono affermare che la riforma dell’interno fa sì che “anche l’esterno diventi pulito”.
La terza ammonizione del nostro brano è dedicata al contrasto tra questa esteriorità e l’interiorità. Il paragone severo è con “i sepolcri imbiancati che all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume” (ver.27). Qui il tono dell’ammonizione suona più severo perché descrive una situazione più che un difetto da correggere: “così anche voi all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità” (ver.28). Mi piace concludere i miei pensierini dicendo che tutto questo ci esorta all’umiltà e alla fraterna comunione con tutti i peccatori, senza giudizi e scomuniche.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Ecco un regalo di questo brano: Gesù ci indica quali sono le cose essenziali, i principi inderogabili della nostra esistenza. Sono designati come “giustizia, misericordia e fedeltà”. Come in altre occasioni, Gesù non indica doveri o impegni che riguardino Dio, ma atteggiamenti e comportamenti che riguardano il prossimo. Nelle terne che compaiono nella Scrittura, normalmente l’elemento centrale è il più importante: qui è la misericordia. Un cuore che capisce, compatisce, soccorre… Anche la giustizia dipende da questa bontà del cuore: che i giudici siano giusti e ognuno venga trattato con giustizia. Infine la fede-fedeltà: fedeltà nell’amore, a somiglianza di quella di Dio nei nostri confronti.