6 I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: 7 condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. 8 La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. 9 La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!». 10 Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». 11 E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».
Matteo 21,6-11

Il ver.6 ci regala una nota preziosissima che possiamo ripercorrere con uno sguardo al testo di ieri, e che ci dispone a cogliere la Parola che oggi riceviamo in dono come “obbedienza” al Signore Gesù: “Fecero quello che aveva ordinato Gesù”.
Ricordiamo le Parole preziose che ascoltiamo e pronunciamo nella Liturgia: “Fate questo un memoria di me”.
E questo ci porta a considerare l’importanza assoluta della “memoria”, che non è ricordo nostalgico di cose passate, ma perenne attualizzazione e attualità di chi e di ciò che viene ricordato.
Questa è la divina meraviglia della Liturgia!
La liturgia non è una “copia” del passato, ma è evento generato e condotto dallo Spirito di Dio che ci rende “attualmente” e “pienamente” partecipi degli eventi di cui facciamo memoria.
La grande “vivacità del nostro brano ci consente e ci costringe a considerare come la liturgia non sia applicazione di norme o recitazione di un “copione”, ma evento sempre originale e quindi sempre “nuovo”!
Riascoltando la Parola che oggi riceviamo in dono possiamo cogliere tutta la freschezza e la ricchezza di gesti, di oggetti e di parole che celebrano la liturgia.
O meglio, noi la celebriamo con i gesti, gli oggetti e le parole che obbedendo al Signore accogliamo e raccogliamo.
Dai discepoli sino alla folla, tutti obbediamo al Signore!
Ed Egli viene accolto e accompagnato verso Gerusalemme!
La Liturgia è anche “Annuncio”: “Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!” (ver.9).
Tutta la città di Gerusalemme è “scossa” dall’evento, e ne chiede l’origine e l’oggetto.
La folla (!!) che lo vive e lo comunica risponde: “Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea”!! (ver.10).
Mi affascina questo proclamazione, che forse potevamo aspettarci più esplicita e radicale.
Ma questo di aiuta a capire che la liturgia che si sta compiendo è anche annuncio, e quindi, giustamente, anche “pedagogia”!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
La folla stende i mantelli sulla strada: è un atto di riconoscimento del re e di sottomissione a lui. Ma Gesù non vuole sottomissione; ha appena detto che è venuto per servire e non per dominare sugli uomini. Non è in sintonia con Gesù nemmeno l’acclamazione al “figlio di Davide”: essere figlio, in quella cultura, voleva dire assomigliare al padre nel comportamento, nei valori. Gesù è ben lontano dalla figura di quel re bellicoso e violento e non sarà suo successore sul trono di Israele. Non è “figlio di Davide” ma “figlio di Dio”. La folla canta: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”: è un versetto del magnifico Salmo 118, dove è un’acclamazione per la vittoria. Gesù non sarà il “Messia vincitore” e per questo la stessa folla ne chiederà, pochi giorni dopo, la condanna a morte.