33 Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34 Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35 Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36 Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37 Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38 Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. 39 Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40 Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41 Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
Matteo 21,33-41

La connessione tra la parabola precedente e questa è esplicitata: “Ascoltate un’altra parabola…” (ver.33). Dopo il tema dell’obbedienza che chiede di andare a lavorare nella vigna, e che ci richiama la parabola di Mt.20,1-16, oggi siamo convocati nella vigna del Signore che Egli ci ha affidata, e della quale ci è chiesto di dare i frutti.
La vigna è proprio sua, ed Egli stesso l’ha preparata con cura e dispendio prima di “darcela in affitto”. E’ splendida immagine della creazione e della storia e soprattutto di quella Parola che Dio affida – affitta! – al suo popolo e all’intera umanità per averne i frutti! La Parola di oggi è in certo modo “polare” a quella di ieri, e dal tema della chiamata al lavoro nella vigna oggi ci troviamo davanti alla rivelazione di quella cupidigia che spinge i servi a diventare proprietari della vigna della quale dovrebbero invece consegnare i frutti.
I servi mandati dal padrone della vigna sono evidente memoria del dono divino della profezia, e dei profeti mandati da Dio in ogni tempo per sanare e rinnovare la relazione e il patto d’amore tra Lui e il suo popolo. Non è difficile verificare come nella storia il popolo del Signore, a partire dai suoi capi, e soprattutto per opera loro, siano tentati e indotti ad impadronirsi di quello che tutti dovremmo custodire e di cui dovremmo dare i frutti.
L’apice drammatico della parabola è l’invio, da parte del padrone della vigna, del proprio figlio: “Avranno rispetto del mio figlio!” (ver.37). Questo figlio amato che viene respinto e che viene cacciato fuori dalla vigna e ucciso (Gesù viene crocifisso fuori dalla città!), viene tolto di mezzo perché viene riconosciuto come tale e quindi come l’Erede: “Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!” (ver.38).
La parabola accentua in modo drammatico quello che certamente compare nella memoria evangelica della Pasqua, e che qui si rivela come il vero motivo della crocifissione di Gesù: Il Figlio viene ucciso non perché è bestemmiatore, peccatore e prevaricatore come è la sentenza ufficiale, ma proprio perché viene riconosciuto!
Restituire quello che non ci appartiene e riconoscere e convertirci a Colui che abbiamo trafitto è il cammino perenne di conversione della comunità credente. E questo per uscire dalla condanna sentenziata al ver.41. Mi sembra che così dobbiamo intendere quello che probabilmente in prima battuta è detto del popolo della Prima Alleanza che non ha accolto il Messia del Signore. Questa prima intenzione del testo è bene sia, come accennavo sopra, il cammino di incessante conversione del popolo cristiano. E questo lo è in senso globale, come anche nella vicenda personale di ogni discepolo del Signore, chiamato a riconoscere come, pur nell’umile tessitura del suo cammino esistenziale, egli sia esposto e portato ad “impadronirsi” di quello che il Signore gli ha affidato e di cui tutti dobbiamo consegnare i frutti.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Anche oggi il Padre ci sorprende per le sue decisioni, i suoi comportamenti: si ostina a inviare i suoi servi, nella speranza che essi vengano accolti e rispettati. Sembra addirittura imprudente, ingenuo quando manda il proprio figlio, l’unico che egli ha: “Avranno rispetto” almeno di lui! – Il destino di Gesù è prefigurato in poche parole: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. – Ma egli è l’erede di tutto e l’eredità non può essergli strappata; e noi siamo eredi con lui. – I vignaioli malvagi esplicitano loro stessi la propria misera fine: ‘Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo»’. Essi hanno compiuto la propria autodistruzione.