33 Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». 34 Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. 35 Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». 36 E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37 «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Seleziona Pagina
La domanda di Gesù ai discepoli (ver.33) assume grande rilievo se teniamo conto del testo precedente dove Egli per la seconda volta annunciava la sua morte e risurrezione e i discepoli, i quali “non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo” (Mc.9,32). Dunque, al loro impaurito silenzio era seguita una discussione! Per questo, ora “tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande”! (ver.34). C’è un legame profondo tra morte e potere! La difficoltà ad accogliere l’annuncio pasquale della risurrezione li restituisce al dominio della morte e quindi inevitabilmente ad un dibattito sul potere: “chi fosse il più grande”! Se riflettiamo, non faticheremo a verificare in noi stessi come il dibattito sul potere emerga sempre se la non-risurrezione, cioè la morte come ultima parola, ci domina. Da qui la nostra attenzione è chiamata sull’insegnamento di Gesù che, a seguito del secondo annuncio della sua Pasqua ci porta ora il dono del segno dei bambini, e nel seguito la figura delle nozze e particolarmente quello delle donne, e infine il tema della povertà e dei poveri, nella vicenda di quell’uomo troppo ricco per potere diventare discepolo.
Alla luce del Risorto, e cioè del Signore del Vangelo – dice Gesù – “se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”. Tale è il primo segno della risurrezione, che non è condizione di mondana grandezza, ma potenza di quell’amore che si fa piccolo per potersi accostare a tutti e portare a tutti il dono della salvezza dal male e dalla morte. Così è il Signore Gesù in noi e tra noi! Ed ecco “il segno”, il bambino che Gesù abbraccia e rivela come segno privilegiato di Lui: “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandati”. Essendo segno di Gesù, il Figlio di Dio, il bambino è segno di Dio: “di Colui che mi ha mandato”!
Di Gesù, Papa Francesco ha detto nell’omelia a Redipuglia: “Lui è nel più piccolo dei fratelli: Lui, il Re, il Giudice del mondo, Lui è l’affamato, l’assetato, il forestiero, l’ammalato, il carcerato…Chi si prende cura del fratello, entra nella gioia del Signore…”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Con pochi tocchi, Marco ci offre un quadretto delizioso: entrano in casa e Gesù, facendo finta di niente, li interroga… Loro tacciono imbarazzati: quindi, erano consapevoli di non essere in sintonia con il Maestro. Gesù si siede: è il momento di dare un insegnamento. E qui compare quel Gesù che sovverte tutto (una vera rivoluzione, come scriveva ieri Eugenio Scalfari): «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». Siamo tutti sullo stesso piano, in un servizio d’amore reciproco. – Anche il segno è scandaloso: un bambino, che – come sappiamo – in quella società non aveva alcun peso, alcun valore…, oltre a essere naturalmente bisognoso di tutto e dipendente in tutto. Gesù lo abbraccia…