1 Partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. 2 Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? 3 Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. 4 Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5 E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. 6 E si meravigliava della loro incredulità.
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COMMENTO Famiglie della Visitazione:
Il tema è ancora la fede, anzi il suo contrario la incredulità (v.6). Se ne parla nell’occasione di una visita che Gesù fa al paese dove è cresciuto, Nazareth. Anche lì Gesù va nella sinagoga del giorno di sabato (v. 2). Sembra che inizialmente tutto proceda come la prima volta a Cafarnao: la reazione è lo stupore per il suo insegnamento. È questa l’origine del problema a Nazareth, la fama che ha preceduto Gesù corrisponde al vero. Chi ascolta Gesù, avverte che c’è qualcosa di straordinario: Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono! (Mc 1,27). Chi parla è un uomo di Dio.
Ma immediatamente subentra lo scandalo, che deriva semplicemente dal fatto che Gesù è cresciuto lì, che i suoi familiari abitano lì, che è uno di loro.
Gesù avverte quelli che sono presenti nella sinagoga della gravità di quello che sta succedendo: non è una semplice ottusità quella dei suoi concittadini. Il disprezzo dei profeti è un dramma, perché è il rifiuto del modo di fare di Dio, che ha deciso di far arrivare la sua parola dentro alla storia, dentro alle vicende degli uomini attraverso la debolezza e la piccolezza dei profeti. Questo è l’unico punto del vangelo di Marco in cui si parla del rifiuto dei profeti, tema per il quale, secondo gli altri evangelisti, Gesù spende parole molto severe e accorate, che prefigurano la sorte che sarà riservata a lui: Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te (Mt 23,27). Quello che succede a Nazareth preannuncia l’accusa che verrà fatta a Gesù: lui che è uomo pretende di essere il figlio di Dio.
Il tempo dei profeti si è compiuto con Giovanni Battista; Dio, con suo figlio Gesù, ha deciso di scendere lui stesso a salvarci, in persona è entrato dentro le nostre vicende, in qualche modo si è fatto nostro concittadino. Chi, come Giairo o la emoroissa, si accosta con fede a quell’uomo farà esperienza della salvezza.
Al contrario, il v.5 ci ricorda che a Nazareth Gesù non poteva compiere nessun prodigio: sembra che se non si accetta Gesù come figlio di Dio fatto uomo, Dio Padre impedisca che si compiano i prodigi. Senza la mediazione di Gesù tutto è stravolto, guarire un malato diventa magia, fuga dalla storia.
Gesù stesso rimane sorpreso della incredulità, come di un delirio che impedisce di vedere la realtà.
È bello però che l’evangelista ci dica alla fine che anche a Nazareth c’è chi non ha paura di avvicinarsi a Gesù con la sua malattia e con il suo bisogno di essere guarito.
Dio ti benedica. E tu prega per noi. Francesco e Giovanni.