14 Il seminatore semina la Parola. 15 Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando l’ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. 16 Quelli seminati sul terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l’accolgono con gioia, 17 ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. 18 Altri sono quelli seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, 19 ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza frutto. 20 Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l’accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno».
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COMMENTO Famiglie della Visitazioneb
È bene tenere presente il v.13, l’ultimo del brano di ieri: questa è una parabola chiave per comprendere tutte le altre. Veniamo a sapere che il centro della parabola è la Parola e che si parte con una constatazione assoluta, inequivocabile: il seminatore semina. Questo atto è così importante che il Signore viene designato con l’appellativo specifico di seminatore. Nella parabola si nota che semina dappertutto, al punto che sembra sprecare il seme, che non c’è nessuna precauzione rispetto al frutto della semina. Detto in altri termini: un certo modo di ascoltare la parabola è quello di scivolare immediatamente verso una interpretazione moralistica. Ma la preoccupazione del seminatore è evidentemente un’altra: seminare, seminare e basta, seminare dappertutto.
I diversi tipi di terreno sono persone a cui la parola arriva: nella spiegazione che Gesù dà non c’è traccia di un rifiuto volontario di questa parola, perché la semina è fatta così: il seme arriva in ogni caso. La spiegazione di Gesù sembra suggerire che mai il seme-parola va sprecato, anche se solo in un caso su quattro c’è il frutto, perché negli altri casi c’è di mezzo l’opera di Satana, l’incostanza e le preoccupazioni del mondo di chi la riceve. La parola comunque “succede”, opera un giudizio, fa chiarezza, fa emergere vicende anche drammatiche, ma tutto è per la salvezza.
Alla fine, quello che si dice sui tre terreni infruttuosi è la parte più importante. Nel primo terreno (v.15) colpisce la parola “subito”, come se nel confronto con il Nemico la tempestività fosse un ‘arma decisiva, mentre invece tante volte pensiamo che il momento giusto per ascoltare sarà domani, non oggi.
Nei vv.16-17 c’è una debolezza, l’essere incostanti, che di fronte ai cambiamenti, che la parola suggerisce, ci fa indietreggiare.
Nei vv.18-19 ci sono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza che ci fanno pensare che quella parola non è per noi, è per qualche santo che non siamo noi.
Ma, come suggerisce il v.20, non è vero che le cose più belle e importanti della nostra vita sono stati i frutti del seme-parola, sono successe quando abbiamo ascoltato ed accolto la Parola?
Il regno di Dio non è una marcia trionfale, è un mistero fatto anche di contraddizioni, di fragilità, di peccati: c’è un filo segreto di salvezza che il Signore vuole che noi vediamo, comprendiamo per convertirci ed essere guariti dai nostri mali: non per nulla al posto dei tanti “ma”, ai ver. 15, 17 e 19, sarebbe meglio lasciare semplicemente la congiunzione “e”, più descrittiva della realtà complessa della vita umana.
Si può forse aggiungere di uno scivolamento, dal seme a coloro che sono “seminati”, cioè noi: l’attenzione sembra volgersi su coloro che ricevono il dono della Parola e che partecipano alle stesse sorti del seme, passando per tutti i terreni: il viaggio del seme-Parola è una cosa sola con il viaggio della nostra vita, nel bene e nel male.
Dio vi benedica e voi pregate per noi. Giovanni e Francesco