40Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». 41Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». 42E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». 45Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
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COMMENTO Famiglie della Visitazione (Giancarlo Micheletti):
Il passaggio dal luogo pubblico alla quiete della casa arricchisce il racconto dell’opera incessante di Gesù di questo primo capitolo con toni e sottolineature di particolare importanza.
Gli parlarono di lei (v.30): entrando in casa è normale che si parli di quello che lì sta succedendo, della suocera di Simone a letto con la febbre. Ma c’è qualcosa di più: parlare al Signore di chi ci sta vicino, di quelli che sappiamo in difficoltà sembra un suggerimento importante per la nostra preghiera.
Egli si avvicinò (v.31): è impressionante vedere come il grande progetto di Dio di mandare suo figlio in mezzo all’umanità per salvarla si realizzi qui in questo gesto così semplice e affettuoso.
La fece alzare: il verbo usato nel testo è particolarmente impegnativo e ci parla di pasqua, di resurrezione. È lo stesso usato, ad. esempio, nella solenne professione di fede/kerygma della 1 Corinti: Cristo…che fu sepolto e che è risorto (lett: è stato fatto alzare) secondo le Scritture (1 Cor.15,4).
Prendendola per mano: è lo stesso gesto di resurrezione fatto per la figlia del capo della sinagoga (talità kum, Mc 5,41), o del fanciullo indemoniato che liberato dal demonio giaceva come morto a terra (Mc 9, 26-27). La suocera di Simone rappresenta qui tutta l’umanità, stesa e paralizzata a causa del peccato, presa per mano da Gesù.
La febbre la lasciò ed ella li serviva: capita di pensare che la nostra vita di peccatori alla fine “non serve a niente”, la suocera di Simone è il simbolo di una umanità che, liberata dalla paralisi, può fare qualcosa di buono. C’è un lavoro importante a cui la suocera di Simone è chiamata: liberata dalla febbre adesso lo può fare.
Tutta la città era riunita davanti alla porta (v. 33): siamo di nuovo fuori, è già notte, si è radunata una sorta di assemblea dolente di malati e indemoniati. Il lato oscuro di Cafarnao, questi malati costretti a stare chiusi in casa perché non si possono muovere, sono usciti allo scoperto nella notte, qualche anima buona li ha portati lì. Il testo però suggerisce che alla fine tutta la città stava male, tutti sono lì ad aspettare. C’è infatti una speranza nuova, finalmente il figlio di Dio è stato mandato per tutti loro, per guarirli.
Quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava (v.35): riceviamo una rivelazione fondamentale sulla persona di Gesù e nello stesso tempo una indicazione preziosa su che cos’è la preghiera. Un tempo strappato alle urgenze quotidiane per mettersi da solo davanti a Dio perché si è piccoli e si ha bisogno di aiuto. Da questo, sembra suggerire il testo, deriva l’autorità e la potenza del figlio di Dio fatto uomo, esattamente il contrario della pretesa dell’autosufficienza che dal peccato di Adamo ed Eva rovina la vita dell’umanità su questa terra. La cosa ancora più bella è che il testo non suggerisce nessun contrasto, nessuna discontinuità tra la preghiera e la necessità dell’azione.
I discepoli che lo cercano non hanno disturbato il maestro nelle sue attività mistiche: adesso è proprio ora di muoversi perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto! (v.38).
Dio vi benedica e voi pregate per noi. Giovanni e Francesco