12 La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. 13 Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. 14 Rivolto all’albero, disse: «Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!». E i suoi discepoli l’udirono. 15 Giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe 16 e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. 17 E insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni? Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». 18 Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento. 19 Quando venne la sera, uscirono fuori dalla città.
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COMMENTO Famiglie della Visitazione:
Questo albero che dovrebbe dare frutti fuori stagione, anzi in ogni stagione, è una immagine presente in altri passi delle Scritture, ad es. in Ez 47,12 e Ap 22,2, ed è una immagine di grande fecondità. Sono alberi vicini a corsi d’acqua abbondanti. La fame di Gesù, la sua ricerca di frutti anche fuori stagione sta a dire che, mentre il tempo della sua presenza dovrebbe essere particolarmente fecondo, le cose attorno a lui non sono in sintonia con questo tempo nuovo. La parola portata dai profeti inviati da Dio, il fiume di grazia della sua parola, non ha dato i frutti attesi e anche adesso la venuta sulla terra del suo Figlio stesso, l’annuncio del regno di Dio portato con grandi segni e miracoli, viene rifiutato da tanti e i primi a rifiutarlo sono i capi del suo popolo.
Il dramma che si sta consumando porta Gesù a maledire il fico.
E i suoi discepoli l’udirono: il monito riguarda anche loro e, assieme a loro, anche noi. Viene in mente il lamento del vignaiolo di Isaia 5: Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Il Signore ha riempito la sua vigna di tutte le sue cure, ma il frutto non c’è; ha reso bella la vita dei suoi figli con tanti doni, non succeda che la loro vita venga immiserita dal rifiuto e dalla ingratitudine.
Anche quello che succede dopo, nel tempio, è su questa linea. Marco dà qualche dettaglio in più rispetto ai racconti paralleli su quello che Gesù fa nel tempio. Oltre che scacciare venditori e compratori e rovesciare i tavoli, c’è quella annotazione: e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. Oltre che la denuncia del sistema del commercio e dei vantaggi che da queste attività traevano i sacerdoti, c’è anche lo sdegno da parte del Signore per la confusione, per la mancanza di rispetto per la santità del luogo. Che senso ha il tempio e la preghiera se la vita reale va per altre strade, estranee al senso profondo delle cose di Dio?
In Marco la citazione che fa Gesù del testo di Is.56,7 va fino alla fine del versetto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera e Marco include anche le ultime parole: per tutte le nazioni. Serve dunque un altro tipo di casa, senza i recinti per i gentili, una casa più larga per tutte le nazioni. Sappiamo che non sarà una casa di pietra, ma una grande comunità di fratelli.
È molto interessante la apparente dualità dell’atteggiamento del Signore: mentre ne proclama i limiti e ne annuncia il superamento, Gesù ama, come ogni israelita, quel tempio e le sue pietre ed è dispiaciuto che quell’edificio, quel punto di riferimento così importante per la fede di Israele, sia ridotto a una spelonca di ladri.
Siamo ormai, nel racconto di Marco, a due giorni dall’arresto di Gesù e dall’inizio della sua passione: quello che è successo nel tempio costringe i capi dei sacerdoti e gli scribi ad accelerare i tempi per far morire Gesù. Ma hanno ancora paura a causa della potenza del suo insegnamento.
Dio ti benedica. E tu prega per noi. Francesco, Giovanni e Giancarlo M.