32 Mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti. Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: 33 «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, 34 lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà».
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La traduzione italiana sottolinea il clima di tensione con il quale Gesù si sta avvicinando a Gerusalemme. Non è solo con i dodici, come sembra di capire dal ver.32, dove questi vengono “presi in disparte” ed Egli ”si mise a dire loro quello che stava per accadergli”. Quelli che camminano con loro sono sgomenti e impauriti perché sono davanti alla prospettiva della morte di Gesù. E quindi a quella che umanamente è solo una sconfitta.
Come nei due precedenti annunci della sua Pasqua Gesù parla di Sé in terza persona, e questo sembra sottolineare la portata globale dell’evento. “Il Figlio dell’uomo” assume una fisionomia universale che coinvolge tutti e tutto. Autorità ebraiche e pagani sono entrambi coinvolti nel dramma, anche se forse il soggetto principale sono i capi dei sacerdoti e gli scribi. I verbi che descrivono quello che Gesù dovrà subire esprimono tutto l’orrore in cui la storia dell’umanità è precipitata, e l’abisso in cui è precipitata l’umanità: il Figlio di Dio entra in tutto questo come vittima innocente.
Isolato, resta l’ultimo verbo: “Dopo tre giorni risorgerà”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.