1 “Non vi farete idoli, né vi erigerete immagini scolpite o stele, né permetterete che nel vostro paese vi sia pietra ornata di figure, per prostrarvi davanti ad essa; poiché io sono il Signore vostro Dio. 2 Osserverete i miei sabati e porterete rispetto al mio santuario. Io sono il Signore. 3 Se seguirete le mie leggi, se osserverete i miei comandi e li metterete in pratica, 4 io vi darò le piogge alla loro stagione, la terra darà prodotti e gli alberi della campagna daranno frutti. 5 La trebbiatura durerà per voi fino alla vendemmia e la vendemmia durerà fino alla semina; avrete cibo a sazietà e abiterete tranquilli il vostro paese. 6 Io stabilirò la pace nel paese; nessuno vi incuterà terrore; vi coricherete e farò sparire dal paese le bestie nocive e la spada non passerà per il vostro paese. 7 Voi inseguirete i vostri nemici ed essi cadranno dinanzi a voi colpiti di spada. 8 Cinque di voi ne inseguiranno cento, cento di voi ne inseguiranno diecimila e i vostri nemici cadranno dinanzi a voi colpiti di spada. 9 Io mi volgerò a voi, vi renderò fecondi e vi moltiplicherò e confermerò la mia alleanza con voi. 10 Voi mangerete del vecchio raccolto, serbato a lungo, e dovrete metter via il raccolto vecchio per far posto al nuovo. 11 Stabilirò la mia dimora in mezzo a voi e io non vi respingerò. 12 Camminerò in mezzo a voi, sarò vostro Dio e voi sarete il mio popolo. 13 Io sono il Signore vostro Dio, che vi ho fatto uscire dal paese d’Egitto; ho spezzato il vostro giogo e vi ho fatto camminare a testa alta.
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I vers. 1-2 sono molto importanti per cogliere in profondità il cuore della fede dei padri ebrei. Vengono sottolineati due comandamenti. Uno, in negativo, per esprimere il comandamento fondamentale dell’amore-adorazione del Dio Unico. L’altro, in positivo, circa l’osservanza del sabato. L’uno e l’altro portano il sigillo, la loro “ragione” ultima e profonda: “… poiché io sono il Signore vostro Dio” (vers. 1); “Io sono il Signore” (vers. 2). I due comandamenti sono strettamente connessi tra loro: non si dà l’uno senza l’altro; come l’idolatra profanerà e farà cadere da sè l’osservanza del sabato, così tale osservanza è il segno e la custodia della fede nell’Unico Signore. L’idolatria e il pericolo dell’idolatria sono la grande battaglia della fede ebraico-cristiana. Il piccolo popolo di Dio vive in mezzo all’idolatria delle genti e ne è continuamente esposto e tentato. Il legame con Dio è un geloso vincolo nuziale, al punto che ogni “peccato” si può riportare all’idolatria, cioè all’adorazione di ciò che non deve essere adorato. Di ciò che è abominevole adorare. Penso che per un ebreo-cristiano l’ateismo – se mai è possibile – sia preferibile all’idolatria.
A proposito del vers. 3, il commento ebraico si domanda che cosa voglia dire l’espressione “se camminerete nei miei comandamenti… “, che la versione italiana indebolisce con “se seguirete le mie leggi… “, e afferma che non vuol dire osservare, adempiere i comandamenti, cioè attuarli nella vita, perché questo è detto esplicitamente con i due verbi successivi. E conclude dicendo che camminare nei comandamenti si riferisce al rapporto ininterrotto con la Parola di Dio, incessantemente ascoltata. Qui, in questo incontro con Dio nella sua Parola, sta la fonte di ogni adempimento. Siamo dunque accanto a quell'”Ascolta, Israele” che è il cuore della fede ebraico-cristiana. Ne abbiamo un segno bellissimo in Marco 12,28-34, dove il primo comandamento – quello che qui abbiamo appunto ascoltato al vers. 1, è espresso da Gesù con il suo grande inizio: “Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore… “.
Tutto quello che il testo descrive come bellezza e sovrabbondanza della vita del credente, non è da intendersi come un “premio” dell’osservanza della Parola, ma come l’osservanza stessa: nell’ascolto del Signore e della sua Parola è contenuta ogni delizia della vita.
Dio ti benedica e tu benedicimi. Tuo Giovanni
v. 6 “Nessuno vi incuterà terrore”. Non solo non ci sarà nemico che li possa vincere, ma neppure ci sarà qualcuno che li spaventa. Perchè invece molti vivono nella paura, o della guerra, o della malattia o di un nemico: è la condizione normale degli uomini.
Dice la lettera agli Ebrei che Gesù “ha distrutto con la sua morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita” (Ebr 2:14-15).
Non più schiavi dell’Egitto, non più schiavi della paura della morte, ma servi del Signore che cammina con il popolo, è il nostro Dio e noi siamo suoi.
I comandi del Signore (vv. 1-2) chiedono di non fare delle cose che prendano il posto di Dio. Perchè anche noi stessi possiamo rischiare di prendere il posto di Dio, se la gente si inginocchia davanti a noi e non a Lui.
Mi sembra molto sottolineata oggi la sproporzione del patto che Dio propone ai figli di Israele: osservanza dei comandamenti in cambio di un sacco di regali, benefici, benedizioni, vittorie sui nemici, raccolti, fecondità.
Il massimo dono di Dio (pensiamo a Gesù!) è forse quello descritto ai v.11-12: “stabilirò la mia dimora in mezzo a voi… camminerò in mezzo a voi, sarò vostro Dio e sarete mio popolo”.
Il v.10 è quello che mi è piaciuto di più: “Voi mangerete del vecchio raccolto, serbato a lungo, e farete uscire il raccolto vecchio per far posto al nuovo”. Il rapporto d’amore con Dio, quotidiano, continuo ci fa scoprire che ogni giorno nel nostro granaio, già pieno di grano, dobbiamo fare posto per mettere il grano nuovo che arriva!
Una cosa emerge in modo netto in questa pagina: Dio ci vuole felici! Egli non è come gli dèi, ad esempio, del mondo greco-romano, i quali erano gelosi della eventuale felicità degli umani e non potevano permettere che questa superasse un certo limite… (e noi abbiamo un po’ ereditato questa concezione).- Nella successione di benedizioni garantite da Dio ai suoi, c’è al primo posto la pioggia, un bene prezioso soprattutto in una terra di siccità come la Palestina; in conseguenza, cibo a sazietà e l'”abitare tranquilli” sulla propria terra. Non più terrore né spada…, forti – se necessario – in guerra… Infine, i doni speciali: la continua presenza di Dio (“porrò la mia dimora in mezzo a voi”); il suo “camminare” tra i suoi (Egli si intrattiene con loro: è usato qui lo stesso verbo di Gen 3,8, dove si dice che Dio passeggiava nel giardino dell’Eden). Per ultimo, il ricordo che Lui ha spezzato le sbarre del giogo e ha dato ai suoi la dignità di un popolo libero:”Vi ho fatto camminare a testa alta”.
Mi è sembrato che i versetti di oggi, ormai alla fine del libro del Levitico, svelino, dopo qualche ‘durezza’ dei capitoli scorsi la profonda intenzione di Dio di voler camminare con l’uomo.
Come se tutti i capitoli precedenti siano il frutto dell’intenzione del Signore di stare in mezzo a noi.
Intenzione che, mi pare, si compirà completamente con Gesù che verrà a sistemare un pò la questione dell’osservanza della Legge?
Il Signore ci vuole bene e non ci abbandona. Cammina al nostro fianco. Ci chiede rispetto, non idolatria.
Stabilisce la sua dimora in mezzo a noi e ci assicura le sue attenzioni.
“Fai crescere il fieno per gli armenti e l’erba al servizio dell’uomo,
perché tragga alimento dalla terra.
Il vino che allieta il cuore dell’uomo;
l’olio che fa brillare il suo volto
e il pane che sostiene il suo vigore.”
Salmo 103
Se il popolo seguirà la legge del Signore e osserverà i suoi comandi, il Signore lo benedirà con raccolti abbondanti e con il successo sui nemici. E’ un modo molto ingenuo di intendere la benedizione del Signore. Ma ancora oggi sono significative le parole “io mi volgerò a voi” e “Camminerò in mezzo a voi, sarò vostro Dio e voi sarete il mio popolo. Io sono il Signore vostro Dio, che vi ho fatto uscire dal paese d’Egitto; ho spezzato il vostro giogo e vi ho fatto camminare a testa alta.” (vv.12-13). Oggi non intendiamo queste parole in senso così materiale. Dopo la Pasqua di Gesù la benedizione del Signore non si manifesta con il successo mondano, con la prosperità, non vuol dire affermazione sugli altri, vittoria sui nemici. Ma vuol dire vivere come ha vissuto Gesù. Vivere donando vita. Vivere da discepoli, vivere per incarnare il regno di Dio, il sogno di Dio. Spezzare una volta per tutte il giogo della schiavitù e camminare a testa alta, da risorti. Con la consapevolezza che Dio è rivolto verso di noi e fa splendere su di noi il suo volto. Con la certezza di sentirsi accompagnati dal sorriso di Dio.