43 Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. 44 Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. 45 L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. 46 Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico? 47 Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: 48 è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene. 49 Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la distruzione di quella casa fu grande».
Luca 6,43-49

Il verbo “fare” che compare una sola volta nella versione italiana del nostro brano è presente al ver.43 con il verbo “produrre” ed è espressamente citato al ver.46. Al ver.47 dice il “mettere in pratica” quello che si ascolta, e nello stesso senso è presente al ver.49.
Sottolineo questo, perché il verbo “fare” è molto importante per la fede ebraica e cristiana: la Parola del Signore deve essere ascoltata e fatta! Al punto che la stessa esortazione “ascolta- ascoltami” ricorrente nella parola di Dio è tutta protesa verso il significato del “fare”.
Ho insistito su questa osservazione, perché è guida efficace per accogliere la Parola che oggi il Signore ci dona, e di cui provo a delineare una “sintesi”.
Orizzonte e condizione del “fare bene” è la bontà della “fonte”: l’albero buono o cattivo è immagine dell’uomo buono o cattivo, e il “frutto” ne è l’inevitabile conseguenza.
Per “fare” un buon frutto bisogna essere buoni, perché – ma qui notate come si consideri importante il “dire”! – “la bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda” (ver.45)!
D’altra parte, il ver.46 protesta: “Perché mi invocate: Signore, Signore! e non fate quello che dico?”. Dunque, c’è un legame profondo tra la realtà interiore e la sua manifestazione esteriore (l’albero e i suoi frutti!), e il rapporto tra la Parola e la prassi.
La Parola ascoltata e “non fatta”(!) è severamente paragonata ad una casa costruita senza salde fondamenta, al contrario della Parola ascoltata e fatta, che è come una casa costruita bene e quindi salda.
In definitiva, mi sembra di cogliere dal Signore una grande esortazione al “fare”. Al fare la Parola che ascoltiamo.
E’ quello che ascoltiamo nella Liturgia: “Fate questo in memoria di Me …”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Scopro al v.45 che ognuno di noi ha “il buon tesoro del suo cuore”. Questo guazzabuglio che è il cuore umano, come diceva il Manzoni, può essere in realtà una fonte di cose buone e costruttive. – Perché mi invocate “Signore, Signore…” La priorità non è della preghiera, ma è il fare quello che Egli ci chiede: e tutto si compendia nel “comandamento dell’amore”. Così facendo, avremo costruito la casa sulla roccia?