26 Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. 27 Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. 28 Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. 29 Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. 30 Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. 31 Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?». 32 Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori.
Luca 23,26-32
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COMMENTO 23,17-32
Commentiamo insieme i due testi di ieri e di oggi, notando una certa contrapposizione tra i due gruppi di persone: da una parte i capi religiosi e la folla, Pilato, i soldati; dall’altra lo straniero Simone, le donne, i due malfattori. Il primo gruppo è avverso a Gesù, il secondo è in vario modo partecipe delle sue sofferenze.
Pilato vuole mettere in libertà Gesù, ma Gesù è entrato nella grande liturgia d’amore della sua Pasqua, che dona la salvezza a chi accoglie l’annuncio di questo sacrificio d’amore come la vera via della vita. In questo orizzonte la morte riceve da Cristo il suo riscatto e viene “battezzata” come sacrificio d’amore: non si deve morire, perché ormai ci è stata donata la possibilità e la potenza di “dare la vita”. Fare della propria vita il dono della propria vita. La croce del Signore riscatta la morte e diventa il segno prezioso della pienezza dell’amore. E’ bello che tutto questo sia entrato anche nel nostro linguaggio comune: non si può “buttar via” la vita, ma si può farne l’offerta al Signore come pienezza della nostra obbedienza a Lui e a tutti.
Dio ti benedica e tu prega per noi. Francesco e Giovanni