9 Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10 «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11 Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12 Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13 Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14 Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
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COMMENTO
La parabola denuncia il capovolgimento di quello che la sapienza mondana vede come inevitabile diversità e dunque premio per il virtuoso e condanna per il peccatore. Ma un particolare di rilievo decisivo ci viene donato e ci par bene evidenziarlo subito: è la radicale differenza tra la solitudine del fariseo e la misericordiosa comunione che il pubblicano chiede e riceve dalla bontà di Dio. Il tema fondamentale del confronto tra i due ci sembra rivelato: il fariseo rivendica la sua “virtuosa” solitudine e il pubblicano supplica il Signore di salvarlo con la potenza della sua misericordia.
Nell’orizzonte della fede “ebraico-cristiana” la speranza e l’obiettivo della nostra vita è “la salvezza”. E la salvezza è il dono meraviglioso della misericordia del Signore e della nostra comunione con Lui. Il fariseo è drammaticamente solo e la sua solitudine lo isola dalla misericordia di Dio. Chi invece chiede di essere salvato riceve il dono supremo dell’amore salvifico di Dio.
Dio ti benedica e tu prega per noi. Giovanni e Francesco