Origene rileva come nei frequenti e difficili negoziati di Mosè col Faraone si scontrino frontalmente il Dio degli Ebrei e il Diavolo. Il Faraone vuole trattenere gli ebrei o non facendoli uscire dai confini dell’Egitto o non consentendo che si allontanino per tre giorni interi. Mosè lo incalza con le sue richieste e cerca di convincerlo mediante le piaghe che vengono ad avere un effetto terapeutico nei confronti della superbia del re d’Egitto, che si crede un dio e dice di non conoscere l’unico vero Dio. L’Alessandrino vede nei dialoghi riportati dal racconto dell’Esodo l’eco delle difficoltà in cui vengono a trovarsi i cristiani del suo tempo, a volte discriminati o addirittura torturati ed uccisi perché si sottraevano (per es. al momento del giuramento militare) al culto degli dei e degli imperatori romani. Le accuse di “ozio” o di essere “esecrabili” (letteralmente maleodoranti) che gli stessi scribi ebrei dicevano rivolte agli ebrei divenivano un capo d’accusa per le inutili anzi dannose mediazioni portate avanti da Mosè e Aronne. Accuse analoghe sono ancora oggi, secondo Origene, applicabili alla condizione di oppressione dei cristiani da parte del potere imperiale romano, politeistico e persecutorio.