18Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose. Chiamati quindi due di loro, Giovanni 19li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 20Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”». 21In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. 22Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. 23E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
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La concreta situazione di prigionia del Battista acquista qui anche una valenza simbolica. L’antica economia della Legge, pur illuminata e preparata da tutta la profezia di cui Giovanni è l’ultimo protagonista, è ancora “prigioniera” di un regime della Legge che rivela la santità di Dio e il peccato dell’uomo, ma non lo libera da tale condizione. Proprio per questo il Battista è venuto per annunciare la visita ormai prossima del Messia del Signore. Ma la sua domanda è cruciale, perché pone il tema della persona e dell’opera del Cristo. Una domanda che non cessa di porsi ad ogni generazione credente, anche quando non è manifesta, e soprattutto quando la comunità ecclesiale può sembrare più sicura di aver riconosciuto e accolto il suo Signore. Per questo, osserviamo in anticipo l’ultima affermazione di Gesù nel nostro testo: “E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo”(ver.23). Il grande rischio cui siamo sempre esposti è quello di identificare “un altro” Messia, che non è Gesù! E questo può avvenire sul piano teorico, ma anche nella prassi quotidiana sia personale sia collettiva. Quindi è sempre presente il pericolo dello scandalo nei suoi confronti.
Gesù “risponde” alla domanda del Battista con i miracoli che compie su malati e su posseduti da spiriti cattivi. Mi sembra che noi dobbiamo cogliere il significato profondo di tali segni. Se quindi è chiaro che anch’io, oggi, ho bisogno che il Signore mi guarisca da spiriti cattivi che mi tengono prigioniero nella cattiveria, ho altrettanto bisogno di poter vedere alla sua luce, di poter camminare verso la Casa del Padre, di essere purificato… Questa è l’opera di Gesù per tutte le generazioni credenti e non credenti. In modo particolare mi piace sottolineare il grande prodigio dell’annuncio del Vangelo, della Buona Notizia donata ai poveri. E mi sembra bello che noi ci collochiamo anche oggi tra questi poveri, per tutte le miserie della nostra persona e della nostra storia. Anche noi, poveri peccatori.
In questo modo Gesù chiarisce che il Vangelo non è una dottrina o una teoria o un semplice codice morale, ma è prima di tutto un’esperienza. Ed è un’esperienza che non nasce da una nostra iniziativa, o capacità, o volontà. Ma è tutta opera sua! Pur essendo la sua opera in perfetta continuità e adempimento di tutta la profezia di Israele, sappiamo bene quanto siamo esposti a interpretare, e a proporre – e talvolta a imporre! – un regime del giudizio che è ben lontano dalla volontà di salvezza che Gesù anche oggi ci rivela con la sua opera, dove incessantemente riafferma che Egli è venuto non per giudicare ma per salvare il mondo. Per questo, il tema dello “scandalo” è estremamente importante e delicato. Possiamo infatti “scandalizzarci” di Lui, anche senza dirlo. E anche senza che ce ne accorgiamo! Molti miei amici “atei”, lo sono di un Dio che non esiste, e ben meritano che Lui venga e si riveli a loro. So che in ogni modo Lui li salverà, come anche oggi, nella sua infinita e paziente bontà, salva me e noi.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.