33 Allora gli dissero: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno orazioni; così pure i discepoli dei farisei; invece i tuoi mangiano e bevono!». 34 Gesù rispose: «Potete far digiunare gli invitati a nozze, mentre lo sposo è con loro? 35 Verranno però i giorni in cui lo sposo sarà strappato da loro; allora, in quei giorni, digiuneranno». 36 Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per attaccarlo a un vestito vecchio; altrimenti egli strappa il nuovo, e la toppa presa dal nuovo non si adatta al vecchio. 37 E nessuno mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spacca gli otri, si versa fuori e gli otri vanno perduti. 38 Il vino nuovo bisogna metterlo in otri nuovi. 39 Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: Il vecchio è buono!».
Post correlati
3 Commenti
Lascia un commento
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
Le categorie
- Audio (963)
- Audio e Video (623)
- Dalla Chiesa e dal mondo (168)
- Giovanni scrive… (515)
- Giuseppe scrive… (2)
- Incontri e approfondimenti (444)
- La lectio quotidiana (4.567)
- Le nostre notizie (1.004)
- Letture domenicali e festività (818)
- Senza categoria (7)
- Video (149)
Telegram
Archivi
Gli ultimi articoli pubblicati
- Matteo 5,38-48
- Omelia di d. Giuseppe Scimè – Pentecoste (Anno A) – 28 maggio 2023
- Visitazione della Beata Vergine Maria – 31 maggio 2023
- Le Letture e i canti di domenica 4 giugno 2023 – SS. Trinità (Anno A)
- Omelia di d. Francesco Scimè – Solennità di Pentecoste (Anno A) – 28 maggio 2023
- Omelia di d. Andrea Bergamini – Solennità di Pentecoste (Anno A) – 28 maggio 2023
- Omelia di d. Andrea Bergamini– Liturgia nella vigilia di Pentecoste – 27 maggio 2023
- Omelia di d. Francesco Scimè – Liturgia nella vigilia di Pentecoste – 27 maggio 2023
- Matteo 5,33-37
- Omelia di d. Francesco Scimè e d. Giovanni Nicolini – Messa esequiale di Liana Calzecchi – 27 maggio 2023
“Lo Sposo è con loro” (ver. 34). Mi pare che in questa affermazione di Gesù stia tutta la esigente novità della storia da quando Egli è tra noi. Non può che essere festa! A proposito del digiuno, ricordiamo la caratteristica propria del digiuno ebraico e cristiano, così radicalmente diverso dal digiuno delle spiritualità orientali e dal comune sentire anche nostro. Mentre per le religiosità orientali il digiuno è un itinerario di crescita spirituale attraverso il distacco dai condizionamenti della corporalità, per un ebreo e un cristiano il digiuno è la provocatoria espressione della propria povertà, e quindi la sollecitazione forte a che Dio intervenga e operi. Questo digiuno non ha quindi il carattere di un “fioretto” meritorio,ma quello di un gemito e di un grido della propria povertà: senza Dio e il suo aiuto non possiamo vivere!. Ed è appunto questo significato del digiuno a dirci che i discepoli non possono digiunare “mentre lo Sposo è con loro”!
Il digiuno ci sarà quando “lo Sposo sarà strappato da loro” (ver. 35). Quando sarà questo? Quando Egli morirà, e quindi nei giorni in cui di questo si farà la memoria liturgica. E forse anche quando un’anima avvertirà la sua lontananza dal Signore e ne vorrà piangere l’assenza. E’ molto bella e importante l’espressione “sarà strappato”, perchè dice una condizione nella quale non si deve aspettare Colui che non è ancora venuto – come è per i farisei, per i discepoli di Giovanni e per tutto l’ebraismo – ma si piange per Colui che era tra noi e ci è stato tolto!
I vers. 36-39 sono una parabola fatta da due immagini. La tensione tra vecchio e nuovo le caratterizza e descrive efficacemente il volto essenziale della nuova via della salvezza, quella appunto caratterizzata dalla presenza del Signore Gesù tra noi. In questo senso essa enfatizza la novità rispetto al passato, che peraltro abbiamo sempre visto in grande continuità. Ma è proprio questa continuità ad esigere che venga deposto tutto quello che era proprio dell’attesa di una realtà non ancora esistente rispetto alla profezia di un evento che ora si è compiuto. Così appunto il digiuno: non può più significare un evento ancora non dato, ma se mai lo strappo di un evento presente ma aggredito dalla storia.
Vecchio e nuovo non si possono quindi mescolare! Non si può rattoppare un vestito vecchio con una pezza tolta da un vestito nuovo. Non si può mettere vino nuovo in otri vecchi. Ma, appunto, “il vino nuovo bisogna metterlo in otri nuovi” (ver. 38): l’immagine esprime con molta efficacia l’esigenza che sia un “cuore nuovo” a ricevere e custodire la dirompente novità del Vangelo. E in questo senso Luca ammonisce circa il rischio che non si accetti di passare al nuovo, che esige un così radicale – e incessante! – cambiamento (ver. 39)! L’uomo è istintivamente “conservatore” sia perché “cambiare” è scomodo, sia perché ogni cambiamento contiene oscuri timori di morte.
Dall’immagine del vino nuovo in otri nuovi si può dedurre che l’opera di salvezza del Signore deve agire in due direzioni: egli porta il vino nuovo della sua presenza, della sua parola e del suo sacrificio pasquale e questo peraltro ha in sé la forza di trasformarci e quindi di edificare otri nuovi.
L’ultimo versetto, proprio di Luca, pone il problema della nostra ricezione, di come fare perché questa Parola nuova e trasformante venga accolta. Si può intendere la necessità e l’opportunità che quello che è vecchio finisca. In questo senso anche nel testo delle nozze di Cana la fine del vino, che in sé è un grande guaio, diventa la grande opportunità di potere gustare il “buon vino”.
Quello che non va è pensare di potere accogliere la novità del Signore rimanendo discepoli dei farisei, e pur anche di Giovanni Battista. Tutti devono fare il loro “esodo” da un discepolato vecchio ad uno nuovo, intraprendere il cammino pasquale ieri indicato dal Signore “sono venuto a chiamare peccatori a conversione”.
Al v 38 il primo termine “nuovo” è legato ad un dato di tempo; indica un vino recente, pronto da poco, “fresco”; il secondo “nuovo”, collegato agli otri, sottolinea di più la qualità; indica una novità in assoluto, un qualcosa che prima non c’era; analogamente al comando nuovo, alla nuova alleanza (ecco io faccio nuove tutte le cose). Importante anche 1 Cor 5,7-8: il lievito vecchio / la pasta nuova…e infatti Cristo nostra Pasqua è stato immolato.
Dal banchetto di Levi… al banchetto del Signore Gesù!- Non è tempo di digiuno, è il tempo della festa nuziale. Lo Sposo è presente e noi, come “amici della sala di nozze”, siamo introdotti nell’intimità dello Sposo per “aver parte” con lui. – Nei vv. successivi, ecco l’abito nuovo, confezionato con stoffa nuova (è l’abito nuziale?), e il vino nuovo, segno della comune allegria e del reciproco rallegrarsi degli invitati. Le immagini ci parlano della vita nuova in Cristo, del volto nuovo della nostra esistenza…, mano a mano che ci disancoriamo dalle vecchie radici, dai legami e dalle abitudini rassicuranti del passato.