14 Quando fu l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, 15 e disse: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, 16 poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». 17 E preso un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e distribuitelo tra voi, 18 poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio».
19 Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». 20 Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi».
Mi è piaciuto, nel versetto 15, che Gesù afferma ‘Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione’. Come un rapporto molto intenso, intimo tra il Signore e i discepoli. Dove il bisogno è reciproco.
Nel ‘rese grazie’ ho visto lo slancio grato di Gesù verso il Padre, anche nell’ora dell’annuncio della sua passione. Un po’ come se il ringraziamento sia sempre in corso, mai sospeso, forse.
Al versetto 19 ‘fate questo in memoria di me’ mi sembra sia l’apice del Vangelo di oggi. Il pane spezzato della vita di Gesù introduce nelle nostre vite e nel mondo la ‘rivoluzione pasquale’. Il gusto e la meraviglia di una vita che si spezza per farsi dono, come il ‘nardo’.
L’ offerta della Sua vita per noi mi pare sia l’insegnamento dell’amore che ci ‘converte’.
Personalmente, oggi, Vangelo davvero emozionante.
Mi sembra un bel ‘bentornato sul blog’, eh, Andrea?
Alla preparazione della cena pasquale fa seguito la memoria dell’istituzione della cena stessa. Si tratta di una “liturgia” che da una parte si colloca interamente – e nella memoria di Luca molto più direttamente che nei Vangeli di Matteo e di Marco – nell’antica cena pasquale dei padri ebrei, e dall’altra viene annunciata esplicitamente da Gesù come “nuova”(ver.20). Ci troviamo quindi dentro a quell’intreccio profondo tra continuità e novità che caratterizza non solo l’insegnamento, ma la persona stessa del Signore Gesù e della sua opera. Sarà molto utile, soprattutto in questo testo, verificare le notevoli diversità di Luca rispetto a Matteo e Marco!
Al ver.15 Gesù si attribuisce un desiderio intenso – alla lettera sarebbe “con desiderio ho desiderato” – di mangiare questa Pasqua con i discepoli, e usa un termine, per questo desiderio, che quasi sempre nella Bibbia risulta negativo, e viene reso in italiano con “concupiscenza”. Sembra quasi alludere ad una passione d’amore che ora si compie in un gesto e in un evento nuziale; si tratta quindi, da parte di Gesù, di un’affermazione molto audace. “Mangiare la Pasqua”(ver.15) è un termine “tecnico” che nel linguaggio pasquale dell’ebraismo significa il mangiare l’agnello pasquale. Quindi Luca sottolinea in modo forte e diretto che quella Cena era proprio la Cena fissata dalla fede dei padri, che in essa celebravano – e celebrano, anche se oggi non mangiano l’agnello, che non può essere sacrificato in quanto non c’è più il Tempio! – l’evento fondante e fondamentale della salvezza divina e della nascita a della storia del popolo di Dio. E precisa “prima della mia passione” – alla lettera “prima del mio patire” – mostrando così il legame assoluto tra la celebrazione liturgica della Pasqua e l’evento pasquale della sua passione e della sua gloria.
E’ caratteristica di Luca anche la duplice precisazione, al ver.16 e al ver.18, che il Signore non mangerà più e non berrà più fino al compimento ultimo della sua Pasqua e all’avvento definitivo del Regno di Dio. Mi sembra che in questo possiamo cogliere due conseguenze importanti. La prima è che il tempo si raccoglie in un’assoluta unità di contenuto e di significato e ha nella Cena del Signore il suo cuore: nulla di più rilevante può ormai avvenire rispetto a quello che si è compiuto in quella celebrazione pasquale, e la cena che noi celebriamo non è un’ “altra” cena, ma è la memoria viva di quell’unica cena. La seconda conseguenza è che la nostra celebrazione di quella cena è memoria di quella qui descritta, e insieme attesa del suo compimento definitivo.
Per quanto riguarda la precisazione del solo Luca circa quel primo calice del ver.17, non entro in ambiti di cui sono inesperto, e mi limito a dire che si tratta di un elemento della memoria lucana che sottolinea quello che già dicevamo, e cioè che la cena istituita da Gesù nasce dalla liturgia pasquale dei padri ebrei che appunto, tra l’altro, prevede quel primo calice.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
In cammino per Santiago avevo un bel po’ di nostalgia del nostro bloglectio!
Il testo di oggi di Luca mi sembra sottolinei in modo particolare la comunione tra Gesù e i suoi discepoli, i 12:
v.14 prese posto a tavola e gli apostoli CON LUI
v.15 ho desiderato ardentemente di mangiare questa pasqua CON VOI
v.19 questo corpo è dato PER VOI
v.20 …sangue versato PER VOI
E’ una liturgia molto raccolta, familiare, intima che illumina, spiega, significa tutto il senso della sua “Passione”, dove i discepoli partecipano come singoli ma anche come gruppo.
E’ commovente pensare che tra questi eletti ci siamo anche noi, insieme, tutti i giorni, quando celebriamo la messa, la memoria della sua Pasqua.
“Ho desiderato ardentemente”. Troviamo una costruzione simile nella versione greca di Numeri 11,4, dove si dice che durante il viaggio nel deserto, la gente raccogliticcia che era tra il popolo “fu presa da bramosia”, ricordando gli alimenti dell’Egitto. Il desiderio ardente di Gesù ha la stessa intensità, ma va in direzione diametralmente opposta all’antica bramosia.
“Mangiare con voi”, da cui poi “distribuitelo fra voi”, “dato per voi”, “versato per voi”. Il non accenno ai molti/tutti presente negli altri Vangeli, non è restrittivo, se qui si considera “voi” anche nel senso di “voi così come siete” con tutte le vostre insufficienze, e anche bramosie, fino alla macchinazione del tradimento (che, in Luca, Gesù non ha ancora rivelato). Così quel voi è segno che da parte di Gesù non c’è limite.
Il testo di oggi di Tito (3,1-15) ci ricorda che anche noi un tempo eravamo…e che la nostra salvezza è stata per misericordia mediante il lavacro del sangue di Cristo.
Gesù è tutto dentro il flusso della liturgia pasquale, che raccoglie tutta la storia della salvezza del popolo ebraico, e in questo senso è detto al v. 17 che egli “riceve” un calice. In questo flusso egli inserisce il suo sacrificio, volontario e consapevole, nuova alleanza, per cui al v. 19 è detto “prese” il pane… e allo stesso modo il calice.
V.19: “che è dato”; come nel Vangelo di Giovanni è detto che Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito; e a adempimento di quanto detto al cap. 53 di Isaia a riguardo del servo di Yahvè.
Con il duplice accenno al regno di Dio, davvero Gesù raccoglie qui tutto il tempo. In questo regno, nella casa del Padre come dice il Vangelo di Giovanni, egli va a prepararci un posto. Il fatto che oggi dice “Non mangerò, non berrò fino a…” può anche essere inteso che egli ci aspetta; che quel “con voi” avrà un adempimento definitivo.
Mentre Giovanni e Andrea richiamano l’aspetto liturgico della scena, vorrei sottolineare il contesto semplice, normale, comune in cui il tutto si compie: Gesù e i suoi si mettono a tavola, consumano un pasto, mangiano pane e bevono vino… C’è gratitudine e ringraziamento al Padre; si stabilisce con Lui una nuova relazione (“alleanza”), basata non più sul rispetto della legge, ma sul dono reciproco: “Questo è il mio corpo dato per voi. Fate questo” anche voi, tra voi… “in memoria di me”. –
Quanto al vino, osservo che mentre il sangue dell’agnello dell’Esodo aveva tinto gli stipiti delle porte a garanzia di salvezza, ora il sangue è assunto, quindi viene da noi assimilato…; la nostra “comunione” con il pane ed il vino (seppur solo intinto)significa anche il nostro orientamento a dare qualcosa della nostra vita.