27 Gli si avvicinarono alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: 28 «Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. 29 C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30 Allora la prese il secondo 31 e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. 32 Da ultimo morì anche la donna. 33 La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 34 Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35 ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36 infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37 Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38 Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». 39 Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». 40E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.
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Anche oggi l’insidia tesa a Gesù dai suoi oppositori dà a Lui l’occasione per approfondire e dilatare la meraviglia del suo Vangelo per noi e per tutta l’umanità. Diciamo subito che la perla che scaturisce dalla Parola di oggi è la “vocazione” di tutta la storia e di ogni realtà umana ad essere “segno”! Segno di Lui, che raccoglie e porta a pienezza tutta la profezia di Israele ed entra in ogni spazio della creazione e della storia per farne appunto “segno” di Sé. Anche le pieghe e i drammi più dolorosi possono diventare orizzonte del suo Mistero di amore e di novità della vita.
Oggi Gesù considera e illumina la realtà profonda dell’amore che unisce l’uomo e la donna, realtà che fin dal principio è chiamata ad essere segno privilegiato del mistero dell’Amore e della mistero stesso di Dio. Se per caso ne abbiamo il tempo, è oggi molto desiderabile ritornare ai primi tre capitoli di Genesi, che sono la grande fonte del mistero della nuzialità.
La sfrontata e assurda “parabola” proposta a Gesù dai Sadducei – “i quali dicono che non s’è risurrezione” (ver.27) – vuole mettere un interrogativo sulla condizione finale di questa donna che ha vissuto le vicende descritte ai vers.29-33. Questo viene confrontato con la disposizione della Legge mosaica secondo la quale il fratello di chi muore senza lasciare figli deve sposare la vedova del fratello perché questi possa in qualche modo “vivere” nei figli che non ha avuto. Chi muore, infatti, secondo la Legge “vive” nella sua discendenza. Per questo c’è questa disposizione della Legge.
Ma oggi Gesù rivela che la norma era transitoria nell’attesa della venuta del Messia e della pienezza di grazia che Egli avrebbe portato. Perciò “quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio”(vers.35-36). Infatti, quando si ascolta e si proclama la Parola che dice essere “il Signore Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe” parla di loro non come morti , ma come vivi. Infatti, “Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui”(ver.38).
Per questo, l’unione d’amore dell’uomo e della donna è “segno”! E’ segno dell’amore che unisce Dio ad ognuno dei suoi figli. Essendo “segno” di tale comunione d’amore, è chiamato a compiersi e a pienificarsi nella realtà suprema dell’unione di ciascuno e di tutti con Dio. Le nozze umane sono il segno forte delle nozze divine, cioè di quella comunione piena con Dio ci cui le nozze umane sono segno. Segno verso quella condizione suprema nella quale “non prendono né moglie né marito”, perché saremo tutti nella pienezza dell’amore. Nella comunione piena con Dio.
Lascio a ciascuno di noi la riflessione sull’opportunità forse di porre una distinzione tra le “nozze” intese come “segno” dell’Amore di Dio e il “prendere moglie e marito” che di tali nozze è il segno. E lascio la riflessione su come ogni vincolo di amore inteso come radicale diversità e opposizione al regime di Caino per il quale il fratello dà la morte al fratello, sia in ogni modo un “segno” di tale pienezza dell’amore che Gesù è venuto a donare all’intera umanità.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Il commento 2007:
https://www.famigliedellavisitazione.it/lc-2027-40.html
Saremo come “angeli del cielo”: non vuol dire però che saremo “spiritualizzati”; non sarà cancellata la realtà materiale che ora fa parte essenziale della nostra esistenza. Potrebbe essere felice un pittore senza i suoi quadri, un artista senza le sue opere? Così si chiedeva anni fa un nostro prof. alla Gregoriana.- Come sarà la nostra vita? “La vita che perdura dopo la morte – spiegano Mateos e Camacho – non è un prolungamento della vita organica, dato che non è più soggetta alla morte. Procede direttamente da Dio”. Quello che è certo e consolante è che siamo e saremo comunque “figli della risurrezione e figli di Dio”. Poiché Lui è Dio di vivi e non di morti.