11 Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea. 12 Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, 13 alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!». 14 Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono sanati. 15 Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; 16 e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17 Ma Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? 18 Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: 19 «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
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Pur essendo ancora “in viaggio verso Gerusalemme”(ver.11), pur non avendo ancora raggiunto la meta finale del nostro viaggio di salvezza, già ora la nostra relazione con il Signore è possibile e piena. Questo, come lo vedremo confermato nei testi successivi, ci chiama ad assumerci la piena responsabilità del tempo che stiamo vivendo. Come tempo di una “diaconìa sino alla fine” come suggeriva la parabola del servo nei versetti precedenti al nostro brano di oggi; e come esistenza consumata nel “presente di Dio”, come affermerà il testo successivo.
Ci sono oggi due affermazioni forti che mi sembra convenga mettere in evidenza. La prima riguarda il comando dato da Gesù ai dieci lebbrosi:”Andate a presentarvi ai sacerdoti”(ver.14); secondo il testo di Levitico 13 e per come questa stessa indicazione viene data in altri luoghi della memoria evangelica, la cosa avrebbe senso come verifica di una eventuale guarigione già avvenuta. Ma i dieci non sono forse ancora dentro alla lebbra? Eppure essi vanno, ed è durante il loro andare che vengono sanati. Mi chiedo dunque se il nostro brano non voglia affermare che la loro salvezza si è compiuta non quando la lebbra se ne è andata, ma già nel fatto di aver incontrato Gesù, di averlo supplicato, e di aver obbedito alla sua parola.
La seconda affermazione del nostro brano mi sembra ancora più forte. Quando il Samaritano torna a ringraziarlo, solo allora, Gesù dice, al ver.19, “Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato”. Dunque la salvezza, si attua pienamente quando e perchè quest’uomo, a differenza degli altri nove, torna per ringraziarlo. Dunque, è veramente salvo perchè torna e lo ringrazia, più che torna a ringraziarlo perchè è stato salvato. L’atto di ringraziamento “é” salvezza. Solo questo samaritano è veramente entrato nella salvezza! Quando noi ringraziamo il Signore, lo facciamo per tutti gli eventi di salvezza che Egli ha operato per noi, ma nello stesso tempo, il nostro atto di riconoscenza verso di Lui è la nostra salvezza.
Infine ci interroghiamo circa lo spessore dell’essere samaritano, straniero (ver.18), questo unico su dieci che ritorna. Forse lo possiamo considerare un avvertimento forte all’Israele dell’attesa e della profezia circa il tempo che ormai è stato inaugurato dalla presenza del Messia Figlio di Dio. Se da una parte Gesù vuole sottolineare la sua perfetta sottomissione alla Legge antica, e quindi dà ai dieci lebbrosi l’indicazione di recarsi dai sacerdoti, dall’altra è evidente che quello che essi potevano solo constatare qualche volta, ora si attua sempre e pienamente nella persona e nell’opera di Gesù e quindi nella comunione con Lui.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Il samaritano prima è nel gruppo dei dieci, sta a distanza, le sue uniche parole sono “Gesù maestro abbi pietà di noi”, va verso i sacerdoti… poi da quando si vede guarito desidera incontrare, ringraziare, toccare Gesù, personalmente, anche senza i nove compagni di lebbra. E proprio da questo suo entusiasmante ritorno ha origine la salvezza con la S maiuscola.
Possiamo fare nostra sia la preghiera dei lebbrosi “Gesù maestro abbi pietà di noi” sia l’esclusivo incontro con lui, il ringraziamento, la lode a gran voce per Dio!
Mi ha molto colpito la descrizione del Levitico del lebbroso che ‘è immondo,se ne starà solo, abiterà fuori dall’accampamento.’
Siamo guariti, ‘purificati’, dalla malattia mortale del peccato che forse è intimamente legata alla solitudine. E’ la guarigione mi sembra,invece, generata da un gesto di amore del Signore. Siamo così sanati dalla solitudine, dalla morte, e insieme a tutti i fratelli, inseriti nella vita.
Penso che i nove che non tornano non necessariamente siano ingrati, ma piuttosto sia possibile che non riescono a fare della propria vita un ‘ritorno’ grato al Padre e a render gloria a Dio.
Come nel cap.19 dell’Apocalisse ‘rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché sono giunte le nozze dell’Agnello.’ E poco dopo ‘Beati gli invitati alle nozze dell’Agnello!’.
Ho pensato alla Parola e all’Eucarestia, al Dono continuo.
Nel suo viaggio a Gerusalemme, Gesù entra, come è detto oggi, nei nostri villaggi, dove abitiamo e viviamo. Questo poi diventa una fortuna proprio per quelli, come i lebbrosi di oggi, che dalla vita del villaggio sono Emarginati.
I lebbrosi, seguendo l’indicazione della legge, non si avvicinano a Gesù, ma lo supplicano da lontano. Questa supplica da lontano sarà la supplica del pubblicano al capitolo 18, che a differenza dal fariseo non confida nella sua giustizia e torna a casa giustificato.
La condizione dei lebbrosi diventa tipo della condizione della umanità lontana. Secondo la lettera agli Efesini: ..Ricordatevi che un tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza di Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio in questo mondo. Ora invece in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani, siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo.
La seconda parte del testo pone un problema delicato. Perchè e per chi avviene la purificazione? Soprattutto il cap.15 ci aveva mostrato che il grande scopo di Dio è la reintegrazione nella comunione e nell’unità di tutti gli uomini suoi figli, l’abitare con loro; in una parola il ritorno. Nel testo di oggi Gesù vuole che i lebbrosi risanati ritornino da lui (anche se gli aveva inviati dai sacerdoti)? E’ evidente di si. Anche se alla fine dice al lebbroso samaritano che solo è tornato a dare gloria a Dio, a ringraziare Gesù, “va”, il suo andare sarà diversissimo, in quella fede che gli permetterà in ogni momento della sua vita di vivere in comunione, insieme, a quel Signore che lo ha salvato.