Sono un gran regalo questi giorni di memoria del Concilio! Ho voluto soprattutto abbandonarmi alla festa della memoria. E’ stato un tempo straordinario per me. Appena laureato in filosofia a Milano, trasferito a Roma a studiare teologia nell’università dei Gesuiti, la Gregoriana. Anni meravigliosi, pur con tanti passaggi drammatici. Appena finite le lezioni in università si scappava in Piazza S.Pietro per ascoltare i resoconti del lavoro dei Padri la mattina. Al pomeriggio si riunivano in alcuni Collegi romani dei gruppi di studio dedicati ad alcuni temi principali del lavoro conciliare. Partecipavo ad un gruppo sulla Chiesa dei poveri e lì conobbi i “bolognesi”: il Cardinale Lercaro, accanto a lui il suo Ausiliare Mons.Bettazzi, e ad un certo punto, quando Lercaro fu impegnato per l’applicazione della Costituzione Liturgica, don Giuseppe Dossetti. E da loro, la meraviglia della Chiesa di Bologna, che ha offerto al Concilio un contributo fondamentale di pensiero edi proposte. Pochi anni prima, fondando l’Istituto per le Scienze Religiose, Dossetti aveva impegnato il gruppo degli studiosi intorno alla Storia dei Concili. La cosa era sembrata un po’ strana e fuori tempo, perché, proclamato il dogma dell’infallibilità del Papa, sembrava improbabile che si potesse dare una convocazione universale di tutto l’Episcopato. Grande la sorpresa, dunque, e grande la gioia, quando dopo tre mesi dalla sua elezione Papa Giovanni annunciò la sua intenzione di convocare il Concilio Ecumenico. A Bologna il lavoro già avviato ebbe subito una sua forte attenzione e destinazione e il nostro Arcivescovo si potè circondare di persone interamente impegnate negli studi più importanti in vista della grande convocazione dei Vescovi di tutto il mondo. Per questo, ho vissuto il Concilio con particolare intensità e con la conoscenza e la frequentazione di molte grandi personalità. A Roma in quegli anni c’era proprio tutto il mondo. E già i primi mesi avevano mostrato le prospettive straordinarie che si presentavano. Si era previsto un Concilio relativamente breve. Ma subito tutto cambiò. In questo cambio ha certamente avuto un’importanza grandissima l’intervento dell’Arcivescovo di Bologna sulla Chiesa come Chiesa dei poveri. E non solo per dire che la Chiesa non può essere la Chiesa dei ricchi, e deve essere la madre e la protettrice dei poveri, ma di più: per dire che la Chiesa è fondamentalmente Chiesa “di” poveri! La povertà non è solo una virtù e un ornamento della Chiesa, ma ne è l’anima. I cristiani sono un popolo di povera gente, come lo erano i padri ebrei liberati dalla schiavitù egiziana e condotti per il deserto verso la Terra Promessa. La Chiesa è un popolo di peccatori salvati. In quei primi mesi i Vescovi venuti da tuto il mondo, e quindi anche dai continenti della povertà e della fame, hanno ascoltato una parola che li ha accolti e riconosciuti nelle loro fatiche e nelle loro speranze. Il Concilio non è stato solo una assise di ricerca, di discussione e di importanti decisioni fissate sui documenti che ne sono scaturiti. Il Concilio è stato veramente una “Nuova Pentecoste” come aveva profetizzato Papa Giovanni. Mentre l’evento andava verso la sua conclusione avevo la percezione sempre più nitida che ogni giorno vedesse in S.Pietro la celebrazione di una grande Liturgia dello Spirito, un’Assemblea veramente condotta dallo Spirito di Gesù anche nei suoi passaggi di fatica e persino di dolore. Adesso avvertiamo come una “gioiosa inquietudine”. Il Concilio non è solo attuale. E’ veramente profetico per la Chiesa del nostro tempo. Allora fu aperta una grande porta. Ora si tratta di mettersi più decisamente in cammino. Forse fino a ieri la Chiesa non era pronta ad obbedire a quella voce dello Spirito. Oggi ne ha veramente bisogno.
Giovanni Nicolini
Dalla rubrica IL TESORO NEL CAMPO su “Jesus” di Novembre 2012.