1 Dopo questi fatti, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo. 2 Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. 3 I suoi fratelli gli dissero: «Parti di qui e va’ nella Giudea, perché anche i tuoi discepoli vedano le opere che tu compi. 4 Nessuno infatti, se vuole essere riconosciuto pubblicamente, agisce di nascosto. Se fai queste cose, manifesta te stesso al mondo!». 5 Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui. 6 Gesù allora disse loro: «Il mio tempo non è ancora venuto; il vostro tempo invece è sempre pronto. 7 Il mondo non può odiare voi, ma odia me, perché di esso io attesto che le sue opere sono cattive. 8 Salite voi alla festa; io non salgo a questa festa, perché il mio tempo non è ancora compiuto». 9 Dopo aver detto queste cose, restò nella Galilea.
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Questi primi versetti già ci aiutano ad entrare nel tema centrale del cap.7, che mi sembra essere “il mistero della persona di Gesù”. Perciò questi “fratelli” sono rappresentativi di tutto il dibattito intorno alla sua persona, delle domande inevitabili che la sua persona pone a tutti. Solo il credente può entrare in contatto vero con la sua persona e la sua missione.
Mi piace molto l’esordio del ver.1. Gesù non è nè un superuomo nè un mago. Per questo è esposto come tutti alla violenza della storia. Il segreto della sua potenza è tutto nella sua relazione con il Padre. E solo il Padre conosce e stabilisce l’ora della sua Pasqua di morte e di gloria. Questo è il vero motivo per cui Gesù si difende dalle insidie mortali dei suoi avversari. Non può essere nè temerario nè pauroso. La preziosità della sua vita sta tutta in quella relazione d’amore e di obbedienza. Tutto questo per noi è molto importante perchè stabilisce anche la responsabilità e la delicatezza della nostra vita. Una vita che non è sacra in se stessa, ma che non può neppure essere “buttata via”, appunto perchè non è a nostra disposizione, ma è nella responsabilità della nostra obbedienza al Padre.
La festa delle Capanne ricorda le meraviglie compiute da Dio nell’Esodo dei padri. Una festa molto sentita dal popolo, al punto che il nostro testo la qualifica “la” festa dei giudei. Ma ormai è Gesù, la vera grande “festa” del suo popolo e dell’intera umanità, a qualificare e a svelare le antiche feste ebraiche. Niente di questa antica fede viene negato e tolto, ma tutto viene rinnovato e adempiuto, in modo che propriamente noi non celebriamo le feste, ma sono le feste a celebrare, ciascuna e tutte, la persona del nostro Signore e la sua presenza in mezzo a noi per la nostra salvezza.
In questo orizzonte si coglie forse più facilmente il contrasto tra la mentalità e le parole di questi fratelli e il pensiero profondo di Gesù. In loro e per loro la festa è stata mondanizzata e neppure celebra più le meraviglie di Dio, ma è asservita all’autoidolatria dell’uomo. Così rivelano i vers.3-5. L’espressione “di nascosto” che troviamo sulle labbra dei fratelli al ver.4, la ritroveremo al ver.10 per sottolineare la radicale differenza tra i criteri della mondanità e la sapienza-obbedienza del Figlio di Dio. E questo sarà importante per capire come appunto solo la fede può cogliere e accogliere il mistero di Dio in Gesù. Gesù non vuole questa “manifestazione al mondo”, perchè il mondo, come tale, lo odia: “Il mondo non può odiare voi, ma odia me, perchè io attesto che le sue opere sono cattive”(ver.7). I fratelli non sono odiati dal mondo perchè gli appartengono: “Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui”(ver.5).
E ritorna nelle parole del Signore il grande insegnamento sul “tempo” che noi abbiamo ascoltato sin dal principio del Vangelo di Giovanni:”Il mio tempo non è ancora venuto; il vostro tempo invece è sempre pronto”(ver.6). Perchè il tempo di Gesù non è suo, ma di Dio Padre. E l’obbedienza al Padre qualifica la signorìa di Gesù sul tempo. E, mi pare, anche la nostra. Abbiamo la responsabilità – e ce la dobbiamo assumere per quanto possibile – di assumere e custodire la nostra “signorìa” sul nostro tempo, come obbedienza alla suprema signoria del Padre. Quante questioni delicate stanno dietro a queste verità evangeliche!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
v. 5 “Neppure i suoi fratelli credevano in lui”. Si unisce così al cap. 6 dove il Signore notava che molti dei suoi discepoli smettono di andare con lui. Ogi, le parole dei fratelli di Gesù nascono da una mancanza di fede. Il v. 4 perciò può essere considerato l’ambito della fede: il segreto. Esso è lo spazio dove la fede porta le cose alla luce. Ci sono nel brano di oggi due concezioni diversissime del tempo. Gesù è venuto per fare la volontà del Padre, e non la sua. Questo dà una direzione al tempo, non lasciato alla propria volontà, ma già predisposto da Dio all’amore. E questa è la base di quella precisazione della Piccola Regola a proposito della povertà, quando ci dice che il tempo “va considerato non nostro, ma di Dio e della Chiesa”. Si passa da un tempo sempre pronto, perchè non ha una direzione, perchè non è consegnato a una volontà d’amore, a un tempo non più collegato a noi e alla nostra volontà, che segue il ritmo che il Signore precisa. La parola ripetuta due volte nel primo v. Gesù “camminava” ci ricollega in qualche modo alla conclusione del cap. precedente, dove si vedeva come molti dei discepoli di Gesù, all’ascolto della parole “dure” restavano scandalizzati e “non camminavano più con Lui”. E’ questo forse un momento di crisi, in cui l’adesione a Gesù sembra difficile. Anche i “fratelli” lo lasceranno e andranno da soli alla festa (v.10). Oggi la difficoltà sembra essere quella che nasce dall’incontro tra Gesù luce e le opere malvage del mondo. Non sopportando questa luce che svela le tenebre del mondo e del cuore, ci si allontana da Gesù, o forse lo si vuole “uccidere” (v. 1). L’alternativa positiva è accettare che per l’incontro con Gesù le nostre opere malvage vengano illuminate dalla luce, dalla parola di Gesù, e rimanere con lui con fiducia, come ha fatto Pietro e i Dodici, dicendogli anche noi: “Tu hai parole di vita eterna”.
“Gesù se ne andava per la Galilea”: è citato solo Lui; sembra essere solo. In effetti, è un momento drammatico della sua vita: i capi giudei cercano di ucciderlo; i discepoli se ne sono andati; i suoi “fratelli”, il suo parentado non crede in Lui. Non è la prima volta che lo considerano stolto, pazzo. – Intanto, si avvicina la festa delle Capanne. Da festa agricola, era diventata la celebrazione delle meraviglie dell’Esodo. (Ancor oggi, girando per Gerusalemme, si possono vedere sulle terrazze fronde e rami utilizzati per imitare e ricordare quelle capanne). Al tempo di Gesù, si era convinti che proprio durante tale festa sarebbe venuto il Messia a “restaurare” il vero, grande Israele. Gesù non è in sintonia con la concezione di un Messia potente e restauratore; ma approfitterà della festa per presentarsi come fonte di acqua viva, immagine del dono dello Spirito (vv. 37-39).