31 Di nuovo i Giudei raccolsero delle pietre per lapidarlo. 32 Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». 33 Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». 34 Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? 35 Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata –, 36 a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? 37 Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; 38 ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». 39 Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani.
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Con un tentativo di lapidare Gesù terminava il cap.8. Ora questa intenzione si ripresenta perchè Gesù viene considerato autoidolatra e con la lapidazione deve essere punito come si può vedere prescritto in Levitico 24,16.
Ma qui appunto si pone il dibattito che non è solo quello, peraltro centralissimo, della divinità di Gesù in quanto Figlio di Dio, ma tutto il tema del rapporto tra Dio e l’uomo. Quello che noi chiamiamo il “peccato originale” è il tentativo da parte dell’uomo di “farsi Dio”. Nel fondo delle “religioni” c’è forse sempre questa aspirazione umana di autodivinizzazione. Ma la fede ebraico-cristiana pone a questo un’alternativa radicale. La “divinizzazione” dell’umano non è frutto di un “furto” dell’uomo nei confronti di Dio, di un’occupazione indebita, ma nasce dalla relazione d’amore che Dio stabilisce con la creatura amata alla quale Egli si rivela e si dona. Non dunque conquista dell’uomo, ma dono di Dio. Non frutto di potenze umane, ma dell’amore di Dio.
Gesù, chiedendo ragione del gesto dei giudei afferma che le sue opere sono in realtà le “opere buone da parte del Padre”. Egli non ha opere sue, ma è venuto tra noi per mostrarci le opere del Padre. Egli non si impone con atteggiamento autoreferenziale, ma si manifesta come piena rivelazione di Dio Padre: quindi in certo senso la sua Figliolanza è non autoaffermazione ma radicale “nascondimento” in Dio. Atto supremo di umiltà. Dunque, per quale di queste opere divine che Egli ha rivelato e comunicato vogliono lapidarlo? Ma, appunto, essi affermano di condannarlo non per le sue opere, ma “per una bestemmia: perchè tu, che sei uomo, ti fai Dio”(ver.33).
Gesù risponde citando il Salmo 81(82),6. In esso si dice : “Voi siete dèi, siete tutti figli dell’Altissimo”. Leggo in una nota delle nostre bibbie che il titolo veniva esteso nel suo significato profondo a tutto Israele, e quindi, come aggiunge Gesù, a tutti “coloro ai quali fu rivolta la Parola di Dio”(ver.35). Quanto più dunque potrà chiamarsi “Figlio di Dio” Colui al quale non solo è stata rivolta la Parola, ma è stato “consacrato e mandato nel mondo”, Parola fatta carne.
Ai vers.37-38 Gesù torna a rivendicare la testimonianza delle sue opere, che non sono sue, ma del Padre in Lui. E’ proprio questo che svela pienamente la sua comunione con Dio Padre: “..il Padre è in me, e io nel Padre”(ver.38). ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Nell’opera della creazione, ogni giorno Dio vedeva che quanto aveva fatto era buono; ma quando alla fine aveva fatto l’uomo e la donna, Egli vide che era un’opera molto buona. Ora, “i Giudei”, le autorità religiose di Israele, dicono che vogliono lapidare Gesù non per le tante opere buone che ha compiuto, ma proprio per l’opera “molto buona”: l’uomo elevato alla dignità divina, l’uomo che Dio ama a tal punto da elevarlo alla propria condizione. Con Gesù possiamo dire, come afferma il v. 36: “Sono figlio di Dio”. Questa è l’opera molto buona di cui siamo i beati destinatari.