33 Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». 34 Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. 35 Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. 36 Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. 37 So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. 38 Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro».
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Oggi il tema è quello della libertà. Se ne parla poco nei vangeli: solo qui e in Mt 17 (“dunque i figli sono esenti-liberi”), un po’ di più nelle Lettere, soprattutto di S. Paolo. Qui, in poche righe, abbiamo una sintesi mirabile della delicata questione.
Mentre noi pensiamo, come i Giudei, che normalmente siamo liberi, Gesù ci ricorda che in realtà siamo schiavi e quindi abbiamo bisogno di essere liberati. In fondo, tutta la storia d’Israele è una continua liberazione dalla schiavitù (dall’Egitto, dagli idoli, dall’Assiria, da Babilonia, dai sovrani ellenisti, dai Romani). Gesù chiarisce che la schiavitù che raccoglie tutte le altre è quella del peccato. Per Lui il peccato non è una cosa che facciamo, ma una Potenza che ci possiede, finché non viene Lui a salvarci: “Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero” (vers. 36).
Inoltre, mentre noi pensiamo che il contrario di “schiavo” sia “libero”, per Gesù è “figlio”: “lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre” (vers. 35). Lo stato da cercare non è dunque quello di una libertà intesa come piena disponibilità di se stessi, ma la condizione di un figlio che vive “in casa”, cioè in comunione con il Padre: “non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato” (vers. 16).
Dio vi benedica e voi benediteci. F e Gv