19 Gesù riprese a parlare e disse loro: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. 20 Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati. 21 Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. 22 Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, 23 perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio non onora il Padre che lo ha mandato.
Giovanni 5,19-23

Gli ultimi versetti del brano precedente ci hanno regalato il grande “segreto” del sabato dei padri ebrei: quel “riposo” da tutte le opere umane era profezia e attesa della grande “opera” di Dio nella pienezza dei tempi: la pasqua di Gesù. Oggi la parola ci dona l’annuncio meraviglioso della comunione tra il Padre e il Figlio, e quindi di come l’opera del Figlio sia l’opera del Padre: il Figlio è la perfetta rivelazione del Padre, per la comunione piena che Egli ha con il Padre.
Il ver.19 afferma tale comunione attraverso una mirabile “categoria della debolezza”: “il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che Egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo”. Questo non poter avere opera se non quella del Padre esprime mirabilmente il radicale abbandono del Figlio nel Padre, la sua totale, amante “dipendenza” dal Padre.
Tale “dipendenza” ha la sua fonte che ascoltiamo dal ver.20: “Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati”. Queste “opere ancora più grandi di queste” si possono pensare in relazione all’opera pasquale di Gesù, ma si possono – e forse si devono – considerare come la nostra quotidiana esperienza della Parola di Dio, che , come diceva Gregorio Magno, “cresce con chi la legge”. Non si finisce mai di meravigliarsi di questa continua dilatazione della Parola del Signore, che essendo antica è sempre sorprendentemente nuova, e non cessa mai di aprirci nuovi interrogativi e nuove luci.
Il ver.21 sembra voler indicare in ogni modo la Pasqua come la fonte e il cuore di ogni opera di Dio. Ormai è sempre Pasqua, e la Pasqua di Gesù è la linea di interpretazione di tutta la storia, dall’evento più piccolo ai grandi eventi e drammi della storia.
I vers.22-23 introduce un tema di immenso rilievo che verrà sviluppato nel seguito: il giudizio divino. Tale giudizio il Padre lo ha dato al Figlio, che nella pienezza dei tempi si è fatto carne ed è venuto ad abitare tra noi, come fin dal principio abbiamo ascoltato nel Vangelo secondo Giovanni. Ed è venuto tra noi per donarci e insegnarci l’amore per Dio e tra di noi: per questo “il Padre non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio”.
Dio ti benedica., E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Ci si illumina oggi la qualità della relazione tra Padre e Figlio. Qualche piccola luce viene dalle relazioni umane, di cui noi abbiamo esperienza: dipendenza, imitazione, assomiglianza in senso forte, ma anche autonomia e libertà d’azione (“Il Figlio dà la vita a chi vuole”). Al cuore di tutto c’è il fatto che “il Padre ama il Figlio”(v.20): questa volta viene usato il verbo fileo, che sembra sottolineare la comunione nelle cose più intime, la messa in comune dei “segreti” profondi…, come tra intimi amici. Dove porta questo amore? Ad un’opera grande, che è quella di dare vita: questa sembra l’opera principale se non l’unica. Questa azione vivificante riguarderà prima di tutto il Figlio stesso, nella Pasqua di Gesù; poi sarà dono di vita per tutti noi, fratelli e figli.