Sono contento di essere in questi giorni in Guinea con un gruppo di giovani, ospite di altri giovani che, venuti da qui negli anni passati, sono stati ospiti nella nostra parrocchia della Dozza, si sono inseriti piano piano nella vita della nostra città, e ci hanno chiesto di "ricambiare la visita", venendo a conoscere le loro mamme, la loro terra, e la culla della loro vita. Un viaggio organizzato da loro con grande amore e gentile sapienza. Visitiamo le comunità cristiane e attraversiamo i volti e le case di questo popolo. La Guinea e’ un paese ricco dove la gente e’ povera. Per noi, una povertà intollerabile. I cristiani sono un piccolo popolo, il dieci per cento di una popolazione in gran parte mussulmana o di religione animista. Qui i cristiani sono contentissimi di essere cristiani. E tutti gli altri sono contentissimi dei cristiani. Nelle famiglie dei nostri amici può succedere che la mamma sia di fede islamica, il babbo cristiano, e i figli siano cresciuti normalmente nella tradizione spirituale del padre. E tutto in grande semplicità e affetto. Questo popolo subisce da molti anni un regime avido e violento, ma preferisce una via di pazienza e di speranza, nella quale la chiesa ha un ruolo determinante sempre molto accolto da tutti. Sono contento di quello che in questi giorni i miei giovani fratelli vedono e ascoltano. Sono contento di vederli entrare assorti in luoghi di grande dolore. Spero che questo ponga a me e a loro domande importanti. Come superare l’abisso che separa il ricco epulone dal povero Lazzaro? Abbiamo visitato imprese meravigliose di solidarietà e di accoglienza nate dalla fede di Gesù. Come potremo trovare il coraggio sapienziale e culturale per tradurre in termini di laicità il grande grido del vangelo? Certamente la chiesa che stiamo visitando genera e custodisce la speranza di un intero popolo. Saremo anche noi capaci di cogliere la potenza storica della Pasqua del Signore? Potranno i miei giovani fratelli italiani, cosi’ bravi e buoni, portare nella storia loro e di questi popoli il frutto della loro comunione con il Signore della liberazione e della vita? d. Giovanni