1 Il Signore prese a dire a Giobbe: 2 «Il censore vuole ancora contendere con l’Onnipotente?
L’accusatore di Dio risponda!». 3 Giobbe prese a dire al Signore: 4 «Ecco, non conto niente: che cosa ti posso rispondere? Mi metto la mano sulla bocca. 5 Ho parlato una volta, ma non replicherò, due volte ho parlato, ma non continuerò».
Omelia dialogata messa Dozza 22.03.2021 Gb 40,1-5
COMMENTO
La meraviglia di questi versetti 1-3 consiste e fiorisce in un rinnovato desiderio e in un’insaziabile sete di ascoltare la Parola del Signore. Il rischio del “censore” è inevitabilmente presente, perché è legato alla nostra sete della Parola e alla divina bontà della Parola stessa. Giustamente il Signore ci richiama, per farci ritornare a quel silenzio umile e assetato, che sempre risplende nello “Shemà Israel”! Ascolta, Israele. L’ammonizione è severa, ma non ne abbiamo paura, perché ormai comprendiamo che nasce dall’amore di Dio per noi. Che anche a Lui piaccia tale “gioco” della Parola? Per noi questo è il gioco della salvezza. L’importante è tenere sempre vivo il bisogno di essere salvati. E di averne umile e sorprendente gioia. Tante volte la consapevolezza di “non contare niente” è per noi fonte di tristezza. Qui Giobbe ci insegna che è invece il principio della sapienza e della pace di chi ha sperimentato di non essere più solo, ma sempre davanti e con Dio.
Dio ti benedica e tu prega per noi. Giovanni e Francesco