1 Giobbe prese a dire: 2 «Ascoltate bene la mia parola e sia questo almeno il conforto che mi date. 3 Tollerate che io parli e, dopo che avrò parlato, deridetemi pure. 4 Mi lamento forse di un uomo? E perché non dovrei perdere la pazienza? 5 Statemi attenti e resterete stupiti, mettetevi la mano sulla bocca. 6 Se io ci penso, rimango turbato e la mia carne è presa da un brivido. 7 Perché i malvagi continuano a vivere, e invecchiando diventano più forti e più ricchi? 8 La loro prole prospera insieme con loro, i loro rampolli crescono sotto i loro occhi. 9 Le loro case sono tranquille e senza timori; il bastone di Dio non pesa su di loro. 10 Il loro toro monta senza mai fallire, la mucca partorisce senza abortire. 11 Mandano fuori, come un gregge, i loro ragazzi e i loro figli danzano in festa. 12 Cantano al ritmo di tamburelli e di cetre, si divertono al suono dei flauti. 13 Finiscono nel benessere i loro giorni e scendono tranquilli nel regno dei morti. 14 Eppure dicevano a Dio: “Allontànati da noi, non vogliamo conoscere le tue vie. 15 Chi è l’Onnipotente, perché dobbiamo servirlo? E che giova pregarlo?”. 16 Essi hanno in mano il loro benessere e il consiglio degli empi è lontano da lui. 17 Quante volte si spegne la lucerna degli empi, e la sventura piomba su di loro, e infligge loro castighi con ira? 18 Sono essi come paglia sollevata al vento o come pula in preda all’uragano? 19 “Dio – si dirà – riserva il castigo per i figli dell’empio”. No, lo subisca e lo senta lui il castigo! 20 Veda con i suoi occhi la sua rovina e beva dell’ira dell’Onnipotente! 21 Che cosa gli importa infatti della sua casa quando è morto, quando il numero dei suoi mesi è finito?
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COMMENTO
Qual è il senso della morte? La prima parte del testo dà una risposta di quiete: l’esistenza umana non viene disturbata dalla prospettiva della morte e il ver. 13 afferma che i giorni della vita “finiscono nel benessere” e gli uomini “scendono tranquilli nel regno dei morti”.
E’ una vita che si tiene lontana dal pensiero di Dio (ver. 14-15).
La pretesa intellettuale e morale sembra essere qui per affermare che l’uomo è signore della sua vita (“hanno in mano il loro benessere” ver. 16) e che neppure la morte può “mettere in crisi” la sapienza e la potenza del suo vivere.
Una vita che in ogni caso non viene toccata dall’angoscia: “Quante volte si spegne la lucerna degli empi, e la sventura piomba su di loro, e infligge loro castighi con ira?” (ver. 17).
In questo modo non c’è posto per ogni problematicità: “Che cosa gli importa infatti della sua casa quando è morto, quando il numero dei suoi mesi è finito?” (ver. 21).
Dio ti benedica e tu prega per noi. Giovanni e Francesco