19 Lo sapete, fratelli miei carissimi: ognuno sia pronto ad ascoltare, lento a parlare e lento all’ira. 20 Infatti l’ira dell’uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio. 21 Perciò liberatevi da ogni impurità e da ogni eccesso di malizia, accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza. 22 Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi; 23 perché, se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: 24 appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era. 25 Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla.
26 Se qualcuno ritiene di essere religioso, ma non frena la lingua e inganna così il suo cuore, la sua religione è vana. 27 Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo.
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Portando avanti il tema della Parola, oggi Giacomo ci aiuta a vedere come essa può e deve diventare Parola in noi e per noi!
Il ver.19 esalta il valore dell’ascolto della Parola e quindi l’importanza del silenzio.
La raccomandazione che il credente sia “lento a parlare e lento all’ira” ci aiuta a capire che il pericolo è che noi, con noi stessi, i nostri pensieri e i nostri sentimenti, contaminiamo e invadiamo lo spazio che il silenzio offre per custodire la Parola ascoltata.
Bisogna liberarsi “da ogni impurità e da ogni eccesso di malizia” per accogliere “con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza” (ver.21).
Il silenzio mi sembra come un grande grembo che accoglie la Parola che Dio ha piantata in noi!
Il rapporto tra Parola e silenzio è elemento fondamentale della fede ebraica-cristiana!
Infatti dobbiamo essere non solo ascoltatori, ma facitori della Parola. A me non piace molto l’espressione “mettere in pratica la Parola”, e preferisco la lettera del testo che ci chiede di “essere facitori della Parola e non ascoltatori soltanto” (ver.22).
Bisogna che quella Parola diventi la nostra Parola, altrimenti illuderemmo noi stessi.
Saremmo come uno che “guarda il proprio volto allo specchio”. Qui il paragone è interessante perché questo “guardare il proprio volto” ci ricorda che il primo fondamentale frutto della Parola che il Signore ci dona è la novità di noi stessi, la nostra personale salvezza, il nostro “volto” nuovo!
Ma, dice il ver.24, “appena si è guardato, se ne va e subito dimentica”.
Ed ecco allora l’indicazione preziosa del ver.25 e quel fissare lo sguardo sulla legge perfetta. E la rivelazione di tale perfezione come “la legge della libertà”, da tutto e da tutti, a partire da noi stessi!
Allora il credente non é un “ascoltatore smemorato”, ma è, alla lettera, un “facitore di opera” che così facendo sarà felice!
Il ver.26 riprende l’ammonizione al silenzio, affinché non venga svuotato l’evento della Parola in noi!
Per custodire tutto questo, perché possiamo vivere una “religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre”, Giacomo raccoglie il dono della fede e della vita nuova, il dono di una “religione pura e senza macchia” (ver.27), nell’umile e divina bellezza di “visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze, custodendosi immacolati da questo mondo”.
Indicazione preziosa, che non ci fa evadere dal mondo, ma ci chiede di stare al mondo nel dono e nel primato della carità.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Ci illumina molto oggi l’affermazione di Giacomo: “la Parola è stata piantata” in noi ed è una parola di salvezza. E’ “insitum verbum”, nella Vulgata; parola seminata nel nostro spirito. Parola da ascoltare e poi da “fare”. Questa parola di Dio in noi, questo Vangelo che informa il nostro cuore, è detto “legge perfetta” e “legge di libertà”: sembrerebbe una contraddizione – legge e libertà – e invece la parola di Gesù ci rende liberi, come figli di Dio (non servi, non sudditi), dai vincoli del male, della morte, dalle convenzioni e dai pregiudizi… Poiché l’unica regola importante è quella del voler bene e dell’amare: “visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze, custodendosi immacolati da questo mondo”.