23 Ma prima che venisse la fede, noi eravamo custoditi e rinchiusi sotto la Legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. 24 Così la Legge è stata per noi un pedagogo, fino a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. 25 Sopraggiunta la fede, non siamo più sotto un pedagogo. 26 Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, 27 poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. 28 Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. 29 Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa.
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Siamo al punto decisivo del rapporto tra la Legge e la fede.
Al ver.19 Paolo pone la domanda: “Perché allora la Legge?”.
Alla lettera, il testo pone un interrogativo più profondo, mi sembra, e più sostanziale: “Che cosa è dunque la Legge?”.
Tuttavia, la risposta che segue in parte giustifica la scelta del traduttore italiano.
E la “risposta” dice un’esistenza “passeggera”, destinata cioè a terminare: di più! E’ bene e necessario che il suo regime abbia fine!
Essa infatti è costitutivamente destinata a finire! Il suo termine è determinato dalla “venuta della discendenza per la quale era stata fatta la promessa” (ver.19).
La “promessa” penso sia quella ricevuta da Abramo da parte di Dio stesso.
L’accettazione della Legge da parte del Popolo della Prima Alleanza è in vista della “discendenza per la quale era stata fatta la promessa”! E’ dunque “santa”, “promulgata per mezzo di angeli”.
Qui incontriamo un passaggio per me delicato e complesso che affido al vostro criterio di interpretazione! L’ impossibile “mediatore” è Dio stesso, impossibile perché Dio è “uno solo”, mentre la mediazione dice almeno “due”!
Per questo, nel suo limite, la Legge non è “contro le promesse di Dio” (ver.21), perché in tal caso “la giustizia verrebbe davvero dalla Legge”!
Per questo, la Legge è posta contro il peccato, in attesa e in cammino verso il dono supremo della “fede in Gesù Cristo” (ver.22).
Dunque la Legge, nella quale i figli della Prima Alleanza sono stati “custoditi e rinchiusi” è data “in attesa della fede che doveva essere rivelata”!
“Così la Legge è stata un pedagogo fino a Cristo” (ver.24), per il quale e nel quale siamo “giustificati per la fede”!!
Per questo, “sopraggiunta la fede, non siamo più sotto un pedagogo, perché siamo tutti “figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù” (ver.26)!!
Battezzati, e cioè sepolti, morti e risuscitati alla vita nuova in Cristo Gesù, siamo “rivestiti di Cristo”. Siamo cristiani!
Tale è la nostra nuova e profonda realtà!
Ogni “distinzione” o “differenza”, ci dice il ver.28, si esaurisce nella realtà nuova dei figli di Dio: “tutti voi siete uno in Cristo Gesù”.
Tale è la vera “discendenza di Abramo”, ormai estesa a tutta l’umanità!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Saltando le prime frasi, chiarite dal commento di Giovanni, mi soffermo sulle ultime e capitali affermazioni del brano. “Quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo”: l’immagine del vestito può farci pensare a qualcosa di esteriore, ma per Paolo non è così: il battezzato – secondo il suo pensiero – forma un solo essere con Cristo, poiché “non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”(cap. 2,20). E infatti, conclude l’apostolo, “tutti voi siete uno in Cristo Gesù”. Essere uno non indica una generica unità, ma significa che siamo un solo essere, una sola persona in Lui. A questo punto, ecco la conclusione “rivoluzionaria”, alla maniera sorprendente di Paolo: “Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina…” Non che le differenze tra noi siano annullate, ma non sono più elemento di separazione, causa di contrasti o addirittura di odio e di conflitto. Sono parole scritte per noi oggi e ci fanno vedere come siamo lontani dal vivere davvero il Vangelo.