15 Fratelli, ecco, vi faccio un esempio comune: un testamento legittimo, pur essendo solo un atto umano, nessuno lo dichiara nullo o vi aggiunge qualche cosa. 16 Ora è appunto ad Abramo e alla sua discendenza che furon fatte le promesse. Non dice la Scrittura: “e ai tuoi discendenti”, come se si trattasse di molti, ma e alla tua discendenza, come a uno solo, cioè Cristo. 17 Ora io dico: un testamento stabilito in precedenza da Dio stesso, non può dichiararlo nullo una legge che è venuta quattrocentotrenta anni dopo, annullando così la promessa. 18 Se infatti l’eredità si ottenesse in base alla legge, non sarebbe più in base alla promessa; Dio invece concesse il suo favore ad Abramo mediante la promessa.
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Le promesse di Dio sono trasmesse per testamento: eredi si nasce – dice un commentatore – e non si diventa con la propria attività, con i propri meriti… Mi soffermo su un piccolo particolare: come Paolo interpreta le scritture. Basandosi su un particolare, che potrebbe sembrare quasi insignificante, e cioè una espressione al singolare invece che al plurale, trae una conclusione teologica di grande portata: “Non dice la Scrittura: ‘e ai tuoi discendenti’, come se si trattasse di molti, ma ‘e alla tua discendenza’, come a uno solo, cioè Cristo”. Non può essere che Lui il compimento delle promesse e – attraverso di Lui – tutti i credenti, tutti noi ci sentiamo eredi, gratificati dal dono d’amore del Padre, che riassume tutti gli altri… E ne diciamo: Grazie!
La grande luce delle Parole che oggi il Signore ci regala mi sembra risplendere al ver.16, quando dice:”..ad Abramo e alla sua discendenza furono fatte le promesse..”. Il legame meraviglioso che Paolo coglie tra Abramo e Gesù è il passaggio decisivo che ci immerge nel senso più profondo della promessa fatta ad Abramo. Il riconoscimento forte, assoluto, di Gesù in quella “discendenza” lancia un ponte che scavalca non solo i quattrocentotrenta anni che separano nella tradizione biblica la promessa divina ad Abramo dalla Legge promulgata sul Sinai, ma tutto il tempo che porta sino a Colui che raccoglie e adempie la promessa fatta ad Abramo, Gesù Cristo!
Nella tradizione greca della Bibbia le due parole “Alleanza” e “Testamento” si identificano, e questo serve a Paolo per dire che, come anche un comune testamento umano, così anche il Testamento di Dio, cioè l’antica promessa fatta da Dio ad Abramo, la grande Alleanza stipulata con lui, non può essere annullata nè modificata. Ed è quell’alleanza-testamento a vigilare su tutta la storia e le sue molte vicende fino alla sua attuazione-compimento in Gesù di Nazaret, il Messia del Signore. Meraviglia di quel “singolare” – “discendenza” del ver.16 – che non mi pare escluda nessuno dei passaggi preziosi della storia della salvezza, compresa l’economia della Legge, come si ascolta nei versetti successivi al nostro brano, ma tutto raccoglie, illumina e porta a pienezza nella persona e nell’opera di Gesù.
Il ver.18 ci porta a riflettere sul grande valore del termine “promessa”: una Parola che viene da Dio e deve essere accolta nella pienezza della sua verità e della sua potenza, pur essendo detta da Dio e ricevuta da noi in un tempo che non la vede attuata. Spero di non confondere nessuno, dicendo che sempre la Parola annunciata è “pre-annunciata”, promessa, ed ha il suo compimento innanzi tutto in chi l’ascolta e l’accoglie nella fede, e quindi nel tessuto concreto della vicenda umana, ma sempre come “evento della fede”, che si può cogliere e accogliere solo a livelli ben più profondi delle misure delle sapienze e delle razionalità mondane. Così, il “favore” di Dio – la “grazia” rende più fedelmente la nuova versione italiana – è sicuramente fatto ad Abramo, ed è attuato in Gesù, ed è ricevuto anche da noi, oggi, nel dono della fede e nella grazia della nostra vita nuova in Gesù, il Figlio di Dio.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.