15 Lo sapete anche voi, Filippesi, che all’inizio della predicazione del Vangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna Chiesa mi aprì un conto di dare e avere, se non voi soli; 16 e anche a Tessalònica mi avete inviato per due volte il necessario. 17 Non è però il vostro dono che io cerco, ma il frutto che va in abbondanza sul vostro conto. 18 Ho il necessario e anche il superfluo; sono ricolmo dei vostri doni ricevuti da Epafrodìto, che sono un piacevole profumo, un sacrificio gradito, che piace a Dio. 19 Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù. 20 Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli. Amen. 21 Salutate ciascuno dei santi in Cristo Gesù. 22 Vi salutano i fratelli che sono con me. Vi salutano tutti i santi, soprattutto quelli della casa di Cesare. 23 La grazia del Signore Gesù Cristo sia con il vostro spirito.
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Le parole conclusive della nostra Lettera sigillano tutto quello che abbiamo ascoltato e pregato con l’affermazione che, a partire dalla Divina Liturgia che ogni giorno celebriamo per misericordia di Dio, tutta la vita assume la fisionomia e la sostanza di una grande liturgia! In Gesù, Dio è sceso nell’intera realtà della creazione e della storia. E per questo la storia è diventata capace di contenere e di esprimere i segni della presenza di Dio in mezzo all’umanità. Il Signore visita la nostra umile storia affinchè questa contenga e proclami la sua presenza e la potenza nuova che tutto assume.
Perciò i segni di riconoscenza e di affetto che Paolo ha ricevuto dai Filippesi assumono la tonalità di una liturgia nella quale Paolo è solo il segno e l’occasione della manifestazione della fede di questi nuovi discepoli del Signore. Per quello che hanno ricevuto attraverso la predicazione di Paolo essi hanno espresso la loro riconoscenza con i regali da loro inviati più di una volta: così i vers.15-16. Ma il dono fatto da loro diventa principio di nuovo bene per loro stessi; è “il frutto che va in abbondanza sul vostro conto”(ver.17). Qual’è questo frutto? Mi sembra che Paolo voglia dire a loro e a noi che così facendo i Filippesi hanno attuato il principio evangelico proclamato da Gesù: “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”(Matteo 10,8). Con il loro semplice gesto di riconoscenza i Filippesi hanno celebrato in se stessi il mistero dell’amore di Dio che li ha visitati attraverso la predicazione evangelica.
Quello che Paolo ha ricevuto da loro assume quindi la realtà di una grande liturgia: “i doni ricevuti da Epafrodìto sono un piacevole profumo, un sacrificio gradito, che piace a Dio”! Egli usa il linguaggio tipico dei sacrifici del Tempio per annunciare il segreto divino che questi umili segni contengono. Non è più necessario un tempio di pietre, nè una particolare regola liturgica perchè la comune vita, con i suoi gesti, visitata da Dio, è diventata il luogo dell’incontro tra Dio e l’umanità, e di un’umanità ormai guidata dallo Spirito di Dio. Quando noi celebriamo la Messa, celebriamo l’ultimo passo di Dio nella storia dell’umanità, per farne il tempio nuovo della sua presenza e la storia nuova del suo Amore: come io ho lavato i piedi a voi, così…”Vi ho dato un esempio, infatti, perchè anche voi facciate come io ho fatto a voi”(Giovanni 13,15).
Il saluto finale dei vers.21-23 inaugura la grande liturgia che ognuno di noi è chiamato a celebrare nella sua umile vita. Una vita ormai riempita e condotta dal dono di Dio: “La grazia del Signore Gesù Cristo sia con il vostro spirito”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.