10 Ho provato grande gioia nel Signore perché finalmente avete fatto rifiorire la vostra premura nei miei riguardi: l’avevate anche prima, ma non ne avete avuto l’occasione. 11 Non dico questo per bisogno, perché ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione. 12 So vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. 13 Tutto posso in colui che mi dà la forza.
14 Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alle mie tribolazioni.

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Noi pensiamo istintivamente alla carità come ad una risposta alle diverse situazioni di bisogno, nostro e del nostro prossimo. La bellezza della Parola che oggi il Signore ci regala sta nell’annuncio che l’amore fraterno è meraviglioso in se stesso, al di là delle necessità e dei bisogni. L’amore che ci è stato donato ha bisogno di essere celebrato, espresso. Penso si possa dire che se è mirabile ogni atto di carità quando è richiesto da qualche condizione, lo è ancor più quando è pura gratuità. Questo è confermato dal sentimento che accompagna e commenta questa vicenda d’amore: la gioia! Dunque: è bellissimo volersi bene, ed è bellissimo che ci sia data l’occasione di esprimerlo. Dice Paolo: “..l’avevate anche prima, ma non ne avete avuto l’occasione”(ver.10).
Ed è splendido che di tutto questo possa gioire chi ha espresso il suo amore. Ma ancor più è bello che la gioia sia anche di chi come lui ha ricevuto. Il regalo è sempre bello. Ma lo è ancor più, si può dire, quando, non essendo di per sè necessario, risplende nella sua assoluta gratuità, come pura celebrazione della vita cristiana.
Nei vers.11-13 Paolo rivela il volto profondo della sua personalità: “..ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione. So vivere nella povertà, come so vivere nell’abbondanza…”. Ed è importantissima la precisazione del ver.13: “Tutto posso in Colui che mi da forza”. Non un suo eroico atteggiamento, non il risultato di fatiche ascetiche, non la manifestazione di sue doti speciali, ma l’esperienza di quanto il Signore “dà la forza”. Io non sono certo come Paolo, e sono sempre totalmente bisognoso di tutti e di tutto. Tuttavia ho sperimentato anche l’incrocio tra questa mia debolezza e la percezione di essere quietamente nelle mani del Signore. Scusate il diversivo auto biografico.
Il ver.14 si potrebbe forse rendere in italiano con un “quindi” più che con un “tuttavia”. Quando siamo in mezzo al guado la nostra attenzione è tutta convocata verso le fatiche e i pericoli della situazione. Quando diventa un passaggio della nostra personale “storia della salvezza” diventa finalmente memoria dell’amore di Dio e del prossimo verso di noi!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.