12a Quanto segue è la copia della lettera:
12b «Il grande re Artaserse ai governatori delle centoventisette satrapie, dall’India all’Etiopia, e a quelli che hanno a cuore i nostri interessi, salute.
12c Molti uomini, quanto più spesso vengono onorati dalla più munifica generosità dei benefattori, tanto più s’inorgogliscono e non solo cercano di fare il male ai nostri sudditi, ma, incapaci di frenare la loro superbia, tramano insidie anche contro i loro benefattori. 12d Non solo cancellano la riconoscenza dal cuore degli uomini, ma, esaltati dallo strepito spavaldo di chi ignora il bene, si lusingano di sfuggire a Dio, che tutto vede, e alla sua giustizia che odia il male. 12e Spesso poi molti di coloro che sono costituiti in autorità, per aver affidato a certi amici la responsabilità degli affari pubblici e per aver subìto la loro influenza, divennero con essi responsabili del sangue innocente e furono travolti in disgrazie irreparabili, 12f perché i falsi ragionamenti di nature perverse avevano sviato l’incontaminata buona fede dei governanti. 12g Questo si può vedere non tanto nelle storie più antiche a cui abbiamo accennato, quanto piuttosto badando alle iniquità perpetrate dal comportamento corrotto di coloro che indegnamente esercitano il potere. 12h Provvederemo per l’avvenire ad assicurare a tutti gli uomini un regno indisturbato e pacifico, 12ioperando cambiamenti opportuni e giudicando sempre con la più equa fermezza gli affari che ci vengono posti sotto gli occhi.
12k Questo è il caso di Aman, figlio di Amadàta, il Macèdone, il quale estraneo, per la verità, al sangue persiano e ben lontano dalla nostra bontà, essendo stato accolto come ospite presso di noi, 12l aveva tanto approfittato dell’umanità che professiamo verso qualunque nazione, da essere proclamato nostro padre e da ottenere il secondo rango presso il trono regale, venendo da tutti onorato con la prostrazione. 12m Ma non reggendo al peso della sua superbia, egli si adoperò per privare noi del potere e della vita 12n e, con falsi e tortuosi argomenti, richiese la pena di morte per il nostro salvatore e strenuo benefattore Mardocheo, per l’irreprensibile consorte del nostro regno Ester e per tutto il loro popolo. 12o Egli infatti, avendoci messo in una condizione di isolamento, pensava di trasferire l’impero dei Persiani ai Macèdoni.
12p Ora, noi troviamo che questi Giudei, destinati da quell’uomo tre volte scellerato allo sterminio, non sono malfattori, ma sono governati da leggi giustissime, 12q sono figli del Dio altissimo, massimo, vivente, il quale in favore nostro e dei nostri antenati dirige il regno nel migliore dei modi. 12r Farete dunque bene a non tenere conto delle lettere mandate da Aman, figlio di Amadàta, perché costui, che ha perpetrato tali cose, è stato impiccato a un palo con tutta la sua famiglia alle porte di Susa, giusto castigo datogli rapidamente da Dio, dominatore di tutti gli eventi.
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Il nostro testo si può considerare composto di tre parti. Vers.12a-i: i meccanismi della sete del potere e l’idea di poterli controllare. Vers.12k-o: la vicenda di Aman. Vers.12p-r: la realtà positiva del popolo ebraico come popolo di Dio.
Senza farne una tesi assoluta – il testo parla di “molti uomini”, non di tutti – la prima parte descrive la sete del potere come un meccanismo seducente e travolgente che sfruttando il favore ottenuto da chi detiene la massima autorità, ne fa una scala che, ignorando la riconoscenza per un dono ricevuto (il ver.12d parla esplicitamente di “eucaristia” espressa in italiano con il termine “riconoscenza”) conduce non solo ad un esercizio violento del potere, ma addirittura al progetto di carpire il potere assoluto dal quale si è stati beneficati. Dal totale misconoscimento del “dono” alla crescente affermazione della propria autoidolatrìa.
Dal caso di Aman il re si sente personalmente attentato e colpito. Aman, straniero benevolmente accolto dal re e gratificato fino ad ottenere “il secondo rango presso il trono regale”(ver.12l), non è capace di reggere, di governare, la sua stessa superbia, e arriva ad attentare all’autorità del re chiedendo la morte di Mardocheo, che del re è stato “salvatore e strenuo benefattore”. Il suo progetto di sterminio coinvolge la regina Ester e tutto il popolo giudaico.
L’audace intervento di Giuditta, come abbiamo ascoltato dai testi precedenti, fa crollare l’iniquo progetto e mette in evidenza la rettitudine e la sapienza dei Giudei, che sono “governati da leggi giustissime”(ver.12p), e sono “figli del Dio altissimo” che non solo governa loro, ma attraverso di loro dirige anche il regno di Artaserse nel migliore dei modi.
Dalle vicende di Ester e di Mardocheo escono una prospettiva e un’interpretazione radicalmente nuove della storia. Il “nemico”, il “diavolo”, è stato sconfitto per sempre. Si tratta di accogliere la prospettiva di un governo della vicenda umana non più attraverso i meccanismi del potere e le logiche della morte, ma secondo quella “sapienza del piccolo” che Israele custodisce gelosamente come il dono ricevuto dal suo Dio.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.