5 Schiavi, obbedite ai vostri padroni secondo la carne con timore e tremore, con semplicità di spirito, come a Cristo, 6 e non servendo per essere visti, come per piacere agli uomini, ma come servi di Cristo, compiendo la volontà di Dio di cuore, 7 prestando servizio di buona voglia come al Signore e non come a uomini. 8 Voi sapete infatti che ciascuno, sia schiavo sia libero, riceverà dal Signore secondo quello che avrà fatto di bene. 9 Anche voi, padroni, comportatevi allo stesso modo verso di loro, mettendo da parte le minacce, sapendo che per loro come per voi c’è un solo Signore nel cielo, e che non v’è preferenza di persone presso di lui.
Post correlati
1 Commento
Lascia un commento
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
Le categorie
- Audio (965)
- Audio e Video (623)
- Dalla Chiesa e dal mondo (168)
- Giovanni scrive… (515)
- Giuseppe scrive… (2)
- Incontri e approfondimenti (444)
- La lectio quotidiana (4.571)
- Le nostre notizie (1.004)
- Letture domenicali e festività (818)
- Senza categoria (7)
- Video (149)
Telegram
Archivi
Gli ultimi articoli pubblicati
- Omelia di d. Francesco Scimè – SS. Trinità (Anno A) – 04 giugno 2023
- Matteo 6,24-34
- Matteo 6,19-23
- Matteo 6,7-18
- Omelia di d. Francesco Scimè – Visitazione della B. V. Maria – 31 maggio 2023
- Le Letture e i canti di domenica 4 giugno 2023 – SS. Trinità (Anno A)
- Matteo 6,1-6
- Matteo 5,38-48
- Omelia di d. Giuseppe Scimè – Pentecoste (Anno A) – 28 maggio 2023
- Visitazione della Beata Vergine Maria – 31 maggio 2023
Rimarrei nell’impostazione generale del discorso dei giorni passati: in tutte le nostre relazioni, marito e moglie, genitori e figli, servi e padroni, emerge il “mistero” di cui sta parlando la lettera agli Efesini fin dall’inizio. Il mistero è la presenza del Signore, Cristo Gesù, e quindi di Dio stesso, in ogni persona; perciò, in ogni relazione tra le persone noi siamo sempre confrontati con il mistero di Dio e del suo Figlio: nel matrimonio, nel rapporto educativo genitori-figli, nei rapporti sociali nel mondo del lavoro tra imprenditori e dipendenti.
Per questo torna la parola, che può determinare in noi qualche perplessità, “timore”. L’avevamo vista nel rapporto moglie marito: “la donna sia rispettosa (lett. abbia timore) verso il marito”. Oggi è il “timore” con cui i servi devono obbedire ai loro padroni. Il “timore e tremore” è un sentimento tipico che la Scrittura descrive quando parla all’uomo si manifestano la santità e gloria di Dio: si può vedere al proposito Eb 12,21, che, citando Deut 9,19, riferisce dei sentimenti provati da Mosè sul monte Sinai (“Ho paura e tremo”). Dunque anche davanti ai loro padroni i servi sono invitati a considerarsi non al cospetto di uomini, ma, “con semplicità di cuore”, “come a Cristo” (v. 5), “come servi di Cristo” (v. 6), “come al Signore” (v. 7). Allo stesso modo anche i padroni (i “signori”) devono sapere che c’è un solo Signore, quello del cielo.
Un’ultima osservazione: la nostra “piccola regola”, a proposito del lavoro, dice che esso va compiuto con “zelo religioso”. Il testo di oggi ci aiuta a capire che lo zelo nel lavoro dev’essere “religioso” non tanto per il valore in sè delle opere delle nostre mani, quanto per il valore di Colui e di coloro per i quali lavoriamo; così anche il più umile lavoro, come piegare un cartone o avvitare un bullone, ha pari importanza e dignità del lavoro delle persone che sono più in alto nella società e nella Chiesa, perchè è servizio all’unico Signore di tutti; per questo ancora la regola dice che il lavoro, così compiuto, “è strumento regolare della nostra mortificazione, del nostro amore per le anime e del nostro annuncio abituale, da preferirsi ad ogni altra penitenza od opera di bene”.